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APOCRIFA: In compagnia delle macchine

Marcello Comel, fisiologo e dermatologo, guardava all’ecologia con gli occhi non sempre semplici dello scienziato in particolare rifacendosi, sotto il profilo terminologico, al precursore (tanto per cambiare) Haeckel che intese in essa indicare quella parte della fisiologia che si occupa delle funzioni di relazione degli organismi fra loro e con l’ambiente (teoria dell’adattamento degli esseri viventi), cioè la scienza delle condizioni per esistere, e a Moebius cui si deve il termine biocenosi (comunità biotica) come tale indicante un gruppo di esseri che vivono e interagiscono connessi da reciproca dipendenza per alcune condizioni ambientali ed occupanti uno stesso spazio (biotopo).

Ora Comel, che anche su questo tèma apparentemente discosto dalla sua specializzazione scientifica (ma non dalla fisiologia) aveva la capacità di vedere sorprendentemente lontano, a seguito dell’osservazione dell’ecosistema degli uomini del suo tempo caratterizzato dalla dipendenza dalle automobili -ammassate ovunque, sia ferme sia in moto, in una sinistra marmellata metallica di ciclopiche misure- e dalla televisione sempre accesa in ogni posto disponibile -e siamo ancora in epoca precedente all’introduzione e sviluppo dell’interconnessione della rete e dei cellulari- ebbe a dire e profeticamente scrivere più volte che l’uomo avrebbe dovuto ben guardarsi dal pericolo incombente di farsi mangiare dalle macchine.

O per meglio dire che avrebbe dovuto, l’uomo, scegliere se farsi inglobare dalle (sue) macchine o se riportare le (sue) macchine ad essere quell’utilità che dovrebbe costituire il loro scopo, funzione comunque governata dalla consapevolezza umanistica circa il rapporto (non paritario) intercorrente fra il soggetto pensante e, in ogni caso, l’oggetto prodotto.

Andate a ri-vedere, su Digitalsynopsis.com, nell’intelligente serie 27 Funny But Thought-Provoking Images Of How Smartphones Have Taken Over Our Lives, la nota tavola in bianco e nero n. 22 (Evolution of man), credo sia stata pubblicata anche dal Corriere, che parte dal quadrumane e arriva all’uomo civilizzato odierno deambulante curvo a rimorchio del suo baracchino che tiene in mano.

Considerazioni comeliane emergono con colta ironia non disgiunta da un preoccupato sorriso, per esempio, dalla recente vicenda del software atto a modificare le emissioni dei motori diesel e da quella (di poco precedente) dell’hacker che, introducendosi nel sistema informatico dell’automobile, era in grado di sottrarla alle disposizioni del suo legittimo ed ovviamente ignaro proprietario.

La prima, sulla quale è già stato scritto di tutto considerate anche le parti coinvolte e gli equilibri in gioco, getta sui fatti un’ombra quasi scolastica nel senso più tradizionale del termine: la macchina, sempre più ad intelligenza aggiunta, viene opportunamente istruita a comportarsi non correttamente, ma -ad immagine e somiglianza del suo facitore- in modo maliziosamente illecito al pari dello studente che in presenza dell’insegnante si comporta nel modo richiesto per passare l’esame, mentre da solo se ne stropiccia e sceglie la via in discesa di maggior facilità.

Come esempio non c’è male: incapace di darlo (buono, si capisce) già ai suoi simili, l’uomo corrompe con la menzogna anche la macchina (andiamo pure a disturbare qualche mantra attuale: innovazione tecnologica, competizione, profitto, posizionamento strategico…e magari aggiungiamone anche uno o due: deficit etico, parassitismo, guadagno, lotta per l’esistenza…).

La seconda è, forse, ancor più inquietante nella prospettiva di uno scenario non più di fantasia in cui si studiano alacremente, con l’apporto di ingenti risorse finanziarie, le condizioni per fare muovere da sola l’automobile del prossimo futuro che sia del tutto intelligente e autonoma a maggior sicurezza (s’intende) di chi la utilizza e vi sta finalmente tranquillo e protetto all’interno.

Se non che qualcuno più intelligente ancora (le esperienze non mancano) dall’esterno potrebbe anche forse riuscire a farne quello che vuole ad insaputa, come sempre, di qualcun altro.

E se il qualcuno dall’esterno è un malintenzionato (il concetto diventa sempre più ambiguo da definire: potrebbe esserci chi agisce per il bene altrui) ognuno può, secondo la propria sensibilità, divertirsi ad immaginare qualche meno divertente conseguenza.

Ovviamente saranno a disposizione tutte le garanzie immaginabili, comprese quelle nemmeno richieste, ma l’evoluzione o il progresso spinti da motivazioni collegabili alla guerra (come già la rete e internet, il cellulare, il drone etc) e finanziati in corrispondente magnitudine sono, e rimangono, inarrestabili perfino se il pericolo fosse già chiaro sotto il naso dei rispettivi responsabili.

Luca Pedrotti Dell’Acqua

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