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EDITORIALE

Una grande azienda USA, leader nel mercato degli smartphone, ha rifiutato di collaborare con gli inquirenti del proprio Paese che stanno conducendo indagini su di un terrorista autore di svariati omicidi negando le chiavi d’accesso alla memoria del suo portatile. Premesso che ciascuno, così come è libero di pensare a piacimento, analogamente è libero di decidere circa la propria responsabilità e, nel caso, delle sue scelte deciderà un giudice, sorprende il contenuto della motivazione addotta che si appella alla difesa inderogabile della libertà e della riservatezza di cui devono comunque, vale a dire indipendentemente dalle condizioni operative, usufruire tutti gli abitanti della Terra (e in particolare, viene logico argomentare, di coloro che avvedutamente utilizzano i prodotti tecnologici della suddetta azienda).

Anche il termine libertà sembra, per sua (e nostra) sfortuna, destinato a percorrere una strada analoga a quella che ha fatto perdere ogni senso a democrazia: altro non rimarrà che una vuota parola.

Il puritanesimo commerciale è notoriamente peloso e a fronte del profumo dei biglietti di banca, specialmente se tanti, non conosce alcun limite, nemmeno suggerito dalla decenza. Ad una risposta che ha le fattezze di una trovata pubblicitaria, per quanto indecorosamente squallida (non usiamo il termine cinico, oggi tanto in voga senza fondamento, poiché Diogene il Cane -da Sinope, ma naturalizzato ateniese- era un filosofo serio), dovrebbero reagire per primi i clienti evitando di acquistare, almeno per un po’, gli apparecchi assurti a simbolo di una difesa d’ufficio planetaria che in verità nessuno ha mai chiesto a questi campioni.

Nel frattempo gli inquirenti hanno brillantemente superato lo scoglio facendo intervenire, prodigi dell’economia globale, degli specialisti stranieri che hanno risolto il problema contingente. Fino alla prossima puntata.

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