HomeDialogandoNewsletterApprofondimentoL’APPROFONDIMENTO: A proposito dell’autismo

L’APPROFONDIMENTO: A proposito dell’autismo

Di recente la cronaca ha riferito il caso di una bambina autistica esclusa da una gita di classe organizzata dalla sua scuola per via di una serie di messaggi dei compagni che dichiaravano di non volerla avere con sé in stanza. La gita è poi stata annullata ed è intervenuta anche il ministro della Pubblica Istruzione Stefania Giannini.

È utile ricordare che nel 1977, l’allora ministro dell’Istruzione Franca Falcucci portò alla promulgazione di una legge che aboliva le classi differenziali e le scuole speciali per favorire l’integrazione di coloro che, a vario titolo, si trovavano in situazioni di difficoltà, e che già dal 1974 era stata messa al lavoro una commissione di studio per modificare il lessico con cui ci si riferiva a chi era affetto da qualche forma di patologia. Vennero così chiamati portatori di handicap coloro che in precedenza erano definiti come bambini anormali, subnormali o minorati.

Devo dire che, nella mia esperienza come consulente scolastico per l’area del disagio, non ho mai visto episodi di discriminazione nei confronti dei bambini autistici da parte dei compagni di classe, che si mostravano anzi assai tolleranti. Un bambino autistico che incontrai in una classe, andava spesso a prendere i giocattoli degli altri bambini come se fossero suoi, e questi – i bambini di solito molto gelosi dei loro oggetti ed eravamo in una prima elementare – venivano anzi da me a giustificarlo dicendomi che non avrei dovuto punirlo, perché le maestre avevano loro ben spiegato che si trattava di un bambino in una situazione particolare. L’informazione precoce e la formazione alla diversità sono strumenti fondamentali per il superamento dello stigma sociale.

A più di quarant’anni di distanza dalla commissione promossa dalla Falcucci, il lessico si è fatto molto più sofisticato. Nel DSM V non si parla più semplicemente di autismo ma di disturbo dello spettro autistico. Bisogna sottolineare che la diagnosi di questo disturbo è basata su criteri esclusivamente comportamentali, e che non esiste nessun esame di laboratorio in grado di confermare un sospetto clinico. Inoltre le linee guida dei maggiori paesi europei, compresa l’Italia, riconoscono l’impossibilità, allo stato attuale dei fatti, di definire una causa specifica per questo disturbo.

Cosa fare allora, e che tipo di problema presenta l’autismo? Ci troviamo di fronte a una patologia talmente indefinita che nella stessa categoria clinica vediamo il bambino che resta inerte, come inanimato, incapace di comunicare come di guardarti negli occhi, e la professoressa Temple Grandin, che insegna all’Università Statale del Colorado. Temple Grandin ebbe la fortuna di incontrare Oliver Sacks, che se ne occupò non certo seguendo procedure standardizzate o le linee guida universali, ma accompagnando la china delle sue capacità, valorizzando le sue invenzioni, facendola crescere.

In questo ultimi anni l’autismo da problema clinico è in effetti diventato un problema politico, che ha visto schierati gli uni contro gli altri i sostenitori delle procedure standardizzate di ricondizionamento e i sostenitori, principalmente gli psicanalisti, della necessità di aiutare l’autistico a trovare la propria soggettività, coltivando le sue singolarità e mettendo a profitto le aperture che può offrire. Questo non stupisce: ci troviamo con un problema che non è possibile ricondurre ai parametri correnti di oggettività su cui interviene il discorso scientifico, perché non c’è una causa riconosciuta, e non c’è neppure un focus categoriale a partire da cui universalizzare il problema. A ragion veduta uno studioso di fama come François Ansermet ha potuto sostenere che per l’autismo si tratta di cogliere il modo in cui un soggetto emerge in una situazione estrema, che va a volte anche al di là dei limiti determinati dall’organismo, per poter mettere a frutto, in base alle situazioni di basso o alto funzionamento con cui ci troviamo a lavorare, tutte le opportunità di abilitazione possibili. Dove – come sempre accade quando è in gioco il fattore umano – l’oggettività sfugge, è il soggetto che bisogna saper seguire, con pazienza, assiduità, e con una buona dose di inventiva.

Marco Focchi
Istituto Freudiano, Milano

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