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EDITORIALE

Il gioco del calcio, sul quale prevalgono da tempo logiche che con il gioco hanno poco a spartire, richiama, fatte le debite proporzioni, i giochi nei circhi degli antichi. Oggi come ieri passatempo dalle molte sfaccettature ed adatto ad una molteplicità di spettatori.

Fra i quali gente che con il calcio in sé, per quanto ridotto più a business che sport, non ha alcuna attinenza se non di servirsene come pretesto per sfogare istinti primitivi di violenza e di odio con lo scontro fisico verso il nemico di turno.

È socialmente e civicamente devastante che le pubbliche amministrazioni siano costrette a impiegare uomini e mezzi, bruciando cifre rilevanti di pubblico denaro, solo per evitare (e sovente cercando invano di evitare) che i gruppi violenti organizzati producano ancora maggiori danni e mettano a repentaglio altre vite.

Quello che sta accadendo in Francia, ripetizione su scala industriale di esperienze ben note anche da noi, è una vergogna che dovrebbe indurre le parti interessate a porsi domande decisive sulla bestialità umana, che nulla ha a che vedere -s’intende- con la natura degli animali, e suggerire agli appassionati in buona fede una forma di sciopero sine die delle presenze agli stadi che forse indurrebbe con più efficacia forme di resipiscenza in chi ne ha responsabilità.

Che poi la delinquenza da strada degli stadi diventi anche occasione per interventi fuori luogo e contro l’evidenza anche da parte dei politici dimostra al di là di ogni dubbio come siano incanagliti gli ipocriti rapporti interstatuali e la mediocre levatura di personaggi che detengono il potere: se dichiarano il falso davanti a filmati sotto gli occhi di tutti, quale credito si potrà mai dare alle loro asserzioni nei campi di competenza?

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