L’APPROFONDIMENTO: Nuovi orizzonti per ciechi o ipovedenti. La mente percettiva (seconda parte)
Il punto di partenza: un ambiente raccolto
Un ritiro di meditazione (o singole sessioni di lavoro del ritiro) avviene quasi per intero a occhi chiusi anche per i normo-vedenti (se si tratta di un ritiro residenziale, è suggerito di tenere lo sguardo basso e contenuto anche durante le attività ordinarie -come lavarsi, mangiare o girare per i corridoi- e se si condividono spazi con altri, si tende a non rivolgersi parole o sguardi). Osservando il nobile silenzio e uno sguardo raccolto, potremo sperimentare come la mente (e sottili stimoli sensoriali) ci porteranno a conoscere in profondità noi stessi, gli ambienti e chi abbiamo accanto. È straordinario come, a fine corso, ci si trovi a conoscere perfettamente le persone che sono con noi e gli ambienti attorno, cui pure non abbiamo mai rivolto espliciti sguardi o attenzione.
Nella sala di meditazione, poi, gli occhi saranno sempre chiusi. Gentilmente chiusi. Anche qui osserviamo il nobile silenzio e viene chiesto (suggerito) anche di non fumare, non usare forti profumi o non assumere sostanze intossicanti (come tranquillanti, energizzanti o medicine non indispensabili che alterino in modo innaturale la mente) per questo periodo. Anche l’alimentazione, completa e nutriente, è -in questo periodo di ritiro- vegetariana e senza stimoli di alcolici. Assumiamo anche precetti morali di etica e rispetto degli altri per creare un ambiente protetto e tranquillo. In questo ambiente, potrà avvenire una trasformazione, molto fine.
Come procedere
Un esempio di sessione, per ciechi o ipovedenti, prevederà le seguenti fasi di lavoro (potrà svolgersi anche non in ritiri dedicati, ma con sessioni di una o tre ore settimanali, così da costituire un training progressivo):
•dapprima, la conoscenza dello spazio in cui si svolgerà il lavoro (la descrizione dello spazio e poi l’esplorazione tattile di esso)
•esercizi sul respiro e sul corpo
•alcuni esercizi a coppie
•gradatamente, dall’io a ciò che è fuori: la percezione di spazi, oggetti, persone
•dagli indizi percettivi a una percezione fine, spontanea e piena
•lo sviluppo dell’autonomia.
Questo potenziale percettivo è a disposizione di tutti, a prescindere da età, caratteristiche cognitive o caratteriali. La mente percettiva, infatti, è la modalità naturale della mente. Poi essa opererà ai massimi livelli per qualunque organo di senso (questo offre importanti opportunità anche in presenza di un organo leso; si giunge, in quel caso,alla miglior percezione possibile consentita dalla fisiologia di quell’organo: questo offre importanti opportunità anche nell’ambito della vista per gli ipovedenti o importanti opportunità a soggetti non vedenti che abbiano anche altri organi di senso compromessi).
Le fasi di lavoro
Prima, dunque, riceverà informazione chiara e dettagliata sullo spazio (misure, caratteristiche) e sugli oggetti che contiene (per esempio cuscini, tappetini; l’ambiente sarà comunque molto semplice). Poi seguirà l’esplorazione tattile, insieme all’insegnante, dello spazio e dei vari elementi. L’insegnante ne descriverà intanto finemente e lentamente le caratteristiche (morbido, ruvido, tondo, soffice, leggero…) in modo che la mente possa processare, far proprie e memorizzare queste informazioni. Con l’esplorazione tattile, l’allievo conoscerà l’ambiente, gli oggetti presenti nella sala (cuscini, tappetini ecc) ed eventualmente limitrofi (sedie, tavolo). L’insegnante accompagnerà l’allievo nel “percorso fisico” di scoperta percorrendo insieme gli spazi e fermandosi nei punti di esplorazione. L’insegnante camminerà davanti e l’allievo sarà guidato appoggiando il braccio su quello del maestro, che procederà davanti a lui andando a ritroso; o porrà il braccio sopra quello del maestro che starà accanto, procedendo insieme di lato. Con più allievi, può essere usata la modalità del trenino, dove ciascuno poggia le mani sulla spalla del compagno che sta davanti. Questa fase avverrà con piacere e con la delicata voce dell’insegnante che insieme scopre, descrive e tocca gli oggetti.
L’esplorazione (così come gli esercizi seguenti all’interno della sala) si svolgono solitamente a piedi scalzi (o con calzini): questo pone già un’enfasi e un’attenzione mentale particolare sull’organo del tatto e crea nella sala un’atmosfera pulita, leggera e sensibile. L’ambiente sarà semplice e ordinato. Pochi oggetti: più l’ambiente circostante è semplice, più la mente ha la possibilità di diventare tranquilla e concentrata. A questo punto, in questo spazio noto, inizierà il lavoro.
Le modalità si differenziano a seconda dell’età, puntando più sul gioco per i bambini o sul rilassamento nell’adulto. Vi sono poche fasi dolcemente dinamiche e principalmente statiche. Il lavoro si svolge quasi per intero a terra (seduti, sdraiati o con qualche movimento), sempre accompagnati dalla guida dell’insegnante, e a volte a coppie.
La mente percettiva
La mente percettiva nasce da un insieme di: potenziamento della capacità percettiva dell’organo (potenziamento del tatto, dell’udito ecc), potenziamento della concentrazione (ovvero, spontanea capacità d’attenzione della mente) e tranquillità della mente (quando la mente è tranquilla diventa più stabile e acuta). È la condizione che nella pratica di meditazione viene chiamata di samadhi (tranquillità della mente) propedeutica a vipassana (capacità percettiva). Le due si alimentano a vicenda: una mente tranquilla (samadhi) sviluppa vipassana (capacità percettiva) e quando vipassana è sviluppata, samadhi (una mente tranquilla) sorge con spontaneità, anche in condizioni di turbolenza, rendendo poi spontanea una capacità percettiva (fisica e interiore) stabile. Samadhi e vipassana diventano due qualità (modalità) della mente.
L’occhio interiore
L’esperienza della meditazione può essere dunque vissuta pienamente e utilmente da ciechi o ipovedenti. Essa sviluppa una capacità di “vedere” attraverso il corpo, il tatto, l’udito, l’olfatto; attraverso la pelle; percependo il respiro e ogni vibrazione. Ne origina uno sviluppo finissimo delle capacità sensoriali, oltre a un senso di agio e benessere nel proprio spazio interiore.
Quando gli occhi non vedono, ogni parte del corpo si trasforma in un organo di percezione del mondo esterno e del mondo interiore.
Un altro esempio: il tennis per ciechi
La meditazione rappresenta la sola tecnica “insolita” che può essere usata per sviluppare le capacità sensoriali, nel soggetto cieco? Sicuramente no; l’esperienza mostra che anche attività sportive o musicali, insegnate con particolari metodi, le possono affinare. Un esempio è il tennis per ciechi. Nato in Giappone nel 1984, fu creato da Miyoshi Takei. Nato cieco, Takei giocava con i fratelli e ha capito la propria disabilità quando con una mazza da baseball loro potevano colpire la palla e lui no. Da quel momento Takei ha iniziato con l’aiuto del suo professore di educazione fisica, a cercare il modo per poter colpire la pallina ideandone una in gomma piuma con all’interno un sonaglio in modo che potesse “percepire” la velocità, l’altezza e la distanza della palla. Nasceva così una nuova disciplina sportiva: il tennis per ciechi (Blind Tennis).
Dopo aver stabilito le regole del gioco, si dedicò al perfezionamento e all’insegnamento di questa disciplina che in tutto il Giappone si sviluppò rapidamente, tanto da organizzare: il 1° Torneo di Tennis Nazionale per ciechi. Alla sua morte Ayaka Matsui, grande amica di Miyoshi, ne prese il posto continuando la divulgazione di questo nuovo sport. Oltre al Giappone, il tennis per ciechi si è sviluppato con successo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. In Italia viene insegnato da alcuni tecnici FISD (Federazione Italiana Sport Disabili) e maestri FIT specializzati. Di estrema utilità non solo ludica, ma formativa, si fonda su uno sviluppo graduale e precisissimo degli altri organi di senso, in particolare l’udito.
La prima parte di questo articolo è stata pubblicata sul precedente n. 102 di Dialogando
Elena Greggia
Orientalista e ricercatrice, Milano