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EDITORIALE:

Di recente un teologo ha ri-proposto, in argomento dei continui terremoti dell’Italia centrale, una interpretazione vetero-testamentaria del male e della (possibile) reazione di Dio al male compiuto dagli uomini.

In effetti prima ancora che dalla susseguente censura ispirata, come sembra, dallo stesso pontefice (censura che potrebbe perfino avere soddisfatto il soggetto in parola nella prospettiva di pensare applicato a se stesso il senso dell’ultima beatitudine), questa visione è stata, secondo i Vangeli, respinta proprio dallo stesso Gesù il quale, viceversa, ha in tutta la sua predicazione ed insegnamento messo in particolare risalto la libertà della creatura umana.

Questa libertà, attributo divino quant’altri mai, conduce l’uomo ai confini del mistero ove la vita e la morte, quantomeno nelle forme a noi empiricamente conosciute, si presentano indissolubilmente unite e, in sostanza estrema, in larga misura corrispondenti anche al mistero di Dio.

Che può essere avvicinato, indipendentemente dalla singola risposta, forse solo nel silenzio della coscienza.

Ed è probabilmente questo il motivo per cui anche le parole dei grandi che quasi con compiacimento od orgoglio fanno pubbliche professioni di ateismo risultano, alla fin fine, povere e insufficienti nonostante tutta la scienza et cultura dei rispettivi autori.

Diceva Marcello Comel, che fu clinico e scienziato oltre che maestro, ma umile come può esserlo un uomo di sapere, che la scienza può e deve procedere investigando senza pregiudizi ed accettando comunque la possibilità del (proprio) errore, ma che essa deve fermarsi davanti al mistero di Dio e tacere.

Libero ciascuno di credere e di comportarsi secondo coscienza (la sua): accettare o non accettare, sì o no.

L’iscrizione laica (come si usa dire con formula inesatta) all’ingresso di un cimitero nella Liguria di Ponente (Finché vivono nel nostro ricordo non sono morti) mostra, ad esempio, tutta la debolezza e l’inefficacia della parola davanti a qualcosa di più grande di lei se basta solo un po’ di demenza senile per certificare definitivamente la morte.

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