APOCRIFA: Mens sana

Mente sana in un corpo sano erano le due cose che, principalmente, sembrava opportuno a Giovenale chiedere agli dei per condurre dignitosamente la vita invece di affannarsi negli intrighi politici e sociali allo scopo di fare carriera, obiettivo che nella Roma imperiale del primo secolo comportava anche qualche rischio personale in più rispetto ad oggigiorno.

Non dissimilmente da quanto avviene nei tempi più calamitosi questa sintesi aurea, frutto dell’intuizione della saggezza antica che la medicina contemporanea ha mantenuto sottolineando, anzi, come il benessere e la cura del fisico abbia conseguenze positive sul cervello, ricorre ciclicamente quando l’informazione, del pari ciclicamente, dà notizia delle esibizioni che -quasi sempre non richieste né tantomeno apprezzate dagli spettatori che preferirebbero trovarsi altrove- avvengono nel grande circo internazionale della politica itinerante lungo i sentieri della storia.

Sul ciglio dei quali giacciono alla rinfusa nella rena poco pulita, anzi inquinata, vestigia corrotte e ossami e rifiuti che dovrebbero suggerire il sospetto che la strada non sia nuova verso l’avvenire, come molti dei personaggi in cartellone sembra si illudano di aprire e percorrere, ma sempre più o meno la stessa sebbene per lo più dimenticata o sconosciuta per ignoranza.

Ora in questo girovago e ondivago similcarro di Tespi (absit iniuria verbis) si esibiscono con alterna fortuna, ringhiandosi reciprocamente addosso, gli attori del momento ai quali la stampa specializzata non fa mancare soprannomi talvolta calzanti come lo Zar o il Sultano.

Ma si può continuare pensando anche al Gran Cane già individuato anni or sono da messer Polo e a Mister Arancione il cui consiglio di generali e banchieri potrebbe sembrare uscito dalla penna di Altan.

Per continuare ancora, non si finisce mai, al Piccolo Cane e ai più svariati altri cani che, anche in via del tutto contingente (non precaria poiché, anche se non lo sanno, la precarietà è caratteristica di tutti quanti), calcano la sabbia della pista equestre.

Vedendo esibirsi questi soggetti, uno dopo l’altro o insieme, nei propri rispettivi esercizi non sempre responsabili e pericolosi (più, s’intende, per gli spettatori che per loro medesimi) il normale cittadino senza nome -comprensibilmente diviso fra angosciante preoccupazione e voglia di ridere- vagheggia ogni tanto uno scenario ideale vagamente platonico cui non difetti, fra le varie regole che la moderna ansia di normare e di misurare riflette in complicate discipline formali, una efficace visita psicoattitudinale come condizione per accedere alle cariche politiche e, quindi, periodicamente, anche per rimanervi.

Atteso il fatto che, per lo più, qualsiasi attività riuscirebbe meglio se organizzata in condizioni di accettabile stabilità psicofisica e, perché no, anche di qualche competenza professionale e prudente consiglio in grado di evitare o di contenere il ricorso al farsi l’esperienza on the road.

Esercizio che di solito si realizza sulla pelle degli altri.

Però poi, ach (nel senso di Schmerz)a chi commissionare l’impegno oneroso di una visita psicoattitudinale indipendente e efficace? A chi, chi mai?

In attesa di conoscere qualche forma di intelligenza al di fuori della Terra (gli astrofisici non lo escludono) cui affidare il compito grato (per i sudditi), ci si consola pensando che anche il romano impero, nonostante tutto, è durato ben più di quanto non facessero prevedere le osservazioni pungenti di Giovenale da Aquino.

LMPD

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