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APOCRIFA: Il (grande) maialificio

Non ce ne voglia il sus, dal domesticus allo scrofa e agli altri ancora appartenenti a pieno titolo alla quadrupede e benemerita famiglia dei Suidi, se metaforicamente lo coinvolgiamo in un’osservazione di attualità prendendo a prestito dal suo profilo il noto senso figurato.

Come talvolta accade, ci sono eventi che sembrano dipanarsi da un caso tutto sommato fortuito configuratosi, nella specie, in denunce di molestie (sessuali) a carico di uno dei tanti intoccabili per potenza, status, censo, funzioni e notorietà.

Come nell’antica teodicea greca il poeta Esiodo addebitò alla curiosità e alla disobbedienza femminile (Pandora cui Zeus aveva fatto dono del famoso vaso con l’ordine di non aprirlo e i risultati, non dissimili da quelli prodotti dalla mela di Eva, sono noti) l’origine dei mali del mondo, così certo un po’ più modestamente sotto il profilo letterario, ma con una rilevanza sociale concreta un’inchiesta giornalistica in campo cinematografico statunitense ha svolto la funzione di scoperchiare un vaso.
E una volta rotto il primo omertoso incantesimo (onore al merito), al pari della apparentemente piccola prima perdita d’acqua che compromette poi una grande diga, ne sono saltate fuori ovunque da tutte le parti e di tutti i colori senza peraltro registrare significative differenze circa l’oggetto: sempre molestie sessuali (chiamiamole così).

Così, tanto per cominciare, facendo sospettare che non siano solo i soggetti sottosviluppati (certo, dipende anche dal significato da attribuire a questo termine, ma lasciamo stare) come extracomunitari et coeteri o gli estremisti islamici a considerare le donne (ma non solo loro) come oggetto da prendere a piacimento e indipendentemente da qualche condizione di contorno come ad esempio il consenso.

E poi svelando che il vizietto non sembra nemmeno circoscritto a settori dove si immagina che la morale sia per definizione (per l’alto tasso di comportamenti artistici) in debito d’ossigeno come negli ambienti cinematografici dato che subito dopo si sono aperti, sul medesimo argomento, fronti maggiormente seriosi come quelli della politica e delle sue dipendenze.

Le notizie (sempre nuove fino a quando il tema sarà di attualità) si susseguono senza tregua nella logica giornalistica del ‘chiodo scaccia chiodo’ e in particolare della più grande che assorbe la più piccola, e sono allo stato prevalentemente localizzate nel Parlamento del Regno Unito, ma gettando un’ombra di vaga perplessità sull’ambiente in genere.

Alle affermazioni e denunce segue un copione rituale e ripetitivo che contempla sia scuse pelose per comportamenti ammessi (a posteriori) come inappropriati sia note scritte che dicono e non dicono, verosimilmente ambedue le tipologie previamente passate sotto la lente di stuoli d’avvocati, come anche smentite e ‘distinguo’ che non di rado, per dirla alla padovana, empiricamente avverano il detto per cui xe pèso el tacòn del buso.

E non è neanche mancato, come potrebbe mai, un qualche riferimento al sempre vegeto complotto sionista, buono per ogni stagione, che non si nega a nessuno.
In sintesi il maialificio sembra una realtà destinata, se le vittime manterranno come è possibile la fermezza e il coraggio necessari, a un disvelamento crescente anche in termini di scenari -oltre al cinema e alla politica- poiché il suo motore è in quella medesima ubris/ybris ben nota fino dall’antichità per essere un tema ricorrente in letteratura e in particolare nella tragedia, ma oggi fatta scendere dal piedestallo epico e modernizzata a livello del rapporto forte/debole in particolare sul lavoro o sulla speranza di lavoro.

Che è la cosa più abietta e sporca si possa immaginare.
Qualcuno dei soggetti coinvolti rimarca, pensando evidentemente di alleggerire la posizione, di essersi sempre rapportato unicamente con soggetti adulti (meno male), liberi e consenzienti.

Peccato che per le due ultime condizioni sia difficile accertare la coesistenza ove il rapporto intervenga nell’ambito lavorativo -a meno di una effettiva parità di status che di solito manca- allorché uno può utilizzare il proprio potere (nel caso anche millantabile) per condizionare direttamente o indirettamente la volontà dell’altro.

La ubris/ybris moderna specula sulla necessità e sul bisogno (a parte ovviamente quando la molestia non esiste poiché c’è un effettivo consenso a prescindere dal suo movente che può anche essere strumentale e utilitaristico) più che sulla tracotanza o superbia o prevaricazione del principe di turno (Agamennone, Creonte etc) sconfinanti nell’empietà e come tale, cioè in questa sua logora, sporca e sempre uguale veste, ci svolge ripetitivamente davanti agli occhi tutta una teoria di fotogrammi di persone fra le più varie che spaziano da soggetti i quali avrebbero fatto la felicità del professor Lombroso ad altri adusi a comunicare il verbo della propria sapienza dall’alto di una posizione indiscussa.

E’ vero che l’abito non fa il monaco. E viceversa.

LMPD

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