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EDITORIALE: Due partiti

Due partiti i quali, diversi in tutto salvo che nella pratica demagogica (appannaggio non solo loro, invero), a lungo se ne sono fatte e dette di ogni colore sono stati costretti a mettersi insieme -contro natura (se c’è una natura in politica) – per l’unica strada utile a giungere al potere.

Dopo una vociante campagna elettorale nella quale sono state spese promesse di ogni tipo, giustificate da motivazioni ideologiche e da valutazioni di compatibilità economica poi rapidamente evaporate quando avrebbero dovuto servire, ispirate alla scarsa responsabilità di chi è aduso a non rispondere (se non in prospettiva, appunto, politica) delle sue azioni od omissioni e comunque a ritrattare o pretermettere quando e quanto, caso per caso, gli convenga.

Sono stati (con un fiuto peraltro accorto circa la direzione del vento spirante da errori diroccati di arroganti predecessori e sulla falsariga di precedenti altrettanto rapide incursioni, ricordate la fortunata campagna di Roma ladrona?) intercettati ingenti quantità di voti a seguito di accorte pasturazioni delle rispettive (e diverse) acque: il fenomeno (obiettivo) delle migrazioni indipendente dalla cronica (e perdurante) incapacità amministrativa a gestirlo in modo accettabile, il fenomeno (obiettivo) dell’impoverimento dovuto a una crisi economica non mai riconosciuta come strutturale oltre che aggravata dal debito indipendente dalla cronica incapacità a correggerlo se non nel modo più inefficace (spendendo denaro in sovvenzioni anziché nella creazione di lavoro reale, ricordate a quando risale la fortunata formuletta panem et circenses?) e così via.

Ma mettere insieme, per obbligo strumentale, due posizioni (contrapposte quantomeno a parole) che teoricamente potrebbero avere contatti solo con la logica degli estremi che, alla fin fine, si toccano – sebbene con il corto circuito – non è governare.
E si vede tutti i giorni.

A parte dichiarazioni e annunci giornalmente contrapposti, smentiti, ritirati, rimangiati (attività politica realizzata di preferenza sui social e in televisione), ogni cosa del governo, prima ancora di provare a divenire un processo di governo, appare macinata in una previa trattativa di do ut des fra i due soggetti siamesi che in mente mostrano di avere anzitutto le rispettive (e opposte) visioni di interesse elettorale peraltro da perseguire (mantenimento di se stessi compreso) con il denaro pubblico conseguito dai soliti noti (al fisco).

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