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APOCRIFA – Follow the money

L’orientamento degli anglo-sassoni americani che si concreta (business is business) nella ricerca del filo rosso del denaro (re-interpretazione terra-terra dell’analogo e più sottilmente malizioso e colto cherchez la femme) spunta anche del tutto spiacevolmente, ma con limitata sorpresa, perfino nelle apparentemente carsiche relazioni italo-egiziane.

Dopo che il presidente francese ha conferito (per la verità un po’ di soppiatto) la Legion d’onore, la più alta onorificenza dello Stato, al presidente egizio e le notizie dei media hanno fatto importuno riferimento a un lucroso contratto per la fornitura di armi, ecco che si viene a conoscere come l’Italia sia, analogamente, impegnata nella vendita di due navi militari al governo egiziano.

Transazione che, per il suo oggetto (uno dei navigli pare sia stato consegnato recentemente), postula una gestazione di una certa lunghezza temporale.

A posteriori si legge così meglio non solo la sostanziale inerzia dei nostri governanti nell’affaire dell’assassinio del giovane ricercatore italiano, di fatto avendo delegato la risposta del Paese all’opera della magistratura inquirente (testè conclusasi) priva evidentemente di qualsivoglia peso politico nei confronti dei responsabili del delitto e delle successive svariate farse volte al depistaggio e all’inganno, ma anche la loro inusuale afonia al di là di rapsodiche dichiarazioni di principio e di generico impegno quando non se ne poteva proprio fare a meno non mai peraltro seguite da fatti coerenti (richiamare, sulle prime, l’ambasciatore da Il Cairo e poi rimandarlo senza che nulla fosse cambiato ha raggiunto il risultato di farsi pesare meglio, se già non fosse bastato, dalla comunità internazionale).

La generale impressione che l’incapacità, in senso tecnico, dell’Italia a incidere con qualche efficacia sul comportamento della controparte fosse dovuta all’ingombrante importanza strategica dell’Egitto come paese comunque alleato o altrimenti utile sullo scacchière del contenimento al terrorismo nazional-politico e, in ogni caso, a interessi economici irrinunciabili trova quindi un importante, sebbene teoricamente ed eticamente sgradito, appoggio probatorio.

La Legion d’onore restituita, come per esempio da Corrado Augias, cavaliere dal 2007, è un gesto certo simbolico, ma di apprezzabile valore umano e personale cui segue in Italia un altro gesto, sul piano giuridico e del tutto concreto, che si vuol sperare non sia in prosieguo derubricato a sua volta ad atto simbolico: l’esposto presentato dai genitori di Giulio alla Procura di Roma contro il governo per violazione della legge n. 185 del 1990.

E’ questa legge (Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento) un articolato complesso di disposizioni emanate al dichiarato scopo di rendere conforme, sotto il diretto controllo dello Stato, la gestione del materiale d’armamento (causa di ricchi contratti internazionali) ai principi della Costituzione repubblicana.

Già l’inizio del discorso, quindi, si presenta un po’ in salita dato che, da un lato, la Costituzione ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e, dall’altro, i numerosi Paesi che si affacciano sul mare nostrum di solito non acquistano armi per esporle nei propri musei o per farle sfilare in gioiose parate militari.

Ma andiamo avanti.

L’esportazione (il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione) è, dunque, soggetta ad autorizzazioni e controlli dello Stato;

le operazioni di esportazione (etc) sono consentite solo se effettuate con governi esteri;

l’esportazione (etc) è vietata quando in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia, con gli accordi concernenti la non proliferazione e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali di armamento;

l’esportazione (etc) è altresì vietata (articolo 1, comma 6, ndr):

a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 (Diritto alla legittima difesa, ndr) della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere;

b) verso Paesi la cui politica contrasti con i princìpi dell’articolo 11 della Costituzione (ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, ndr);

c) verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l’embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell’Unione europea (UE) o da parte dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE);

d) verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa;

e) verso i Paesi che, ricevendo dall’Italia aiuti ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese; verso tali Paesi è sospesa la erogazione di aiuti ai sensi della stessa legge, ad eccezione degli aiuti alle popolazioni nei casi di disastri e calamità naturali.

Come si vede la motivazione dell’esposto che notizie di stampa collocano incentrato sul punto d) della norma (responsabilità in gravi violazioni di diritti umani) è già, prima facie, fondato e comprensibile.

E a voler essere pedanti forse anche qualche altro riferimento sarebbe possibile individuare nell’ampia normativa di garanzia in parola cui è addossato il non facile compito di mantenere comunque attiva l’industria bellica nazionale la quale non produce, segnatamente, articoli per il Luna park.

Resta ora da osservare la parte più rilevante, vale a dire la gestione giudiziaria e politica della vicenda che ha come protagonisti, costretti a un tragico ruolo che peraltro coprono con dignità e perseveranza cui attingere per imparare, i genitori del giovane ricercatore, da un alto, e alcune istituzioni repubblicane dall’altro.

Potrebbe diventare un’occasione, che mai si sarebbe voluta in siffatte cupe condizioni, per rendere giustizia in una con la revisione critica di comportamenti insufficienti e per una progressiva (perché lunga) ricostruzione di serietà anche sul piano internazionale.

Oltre alle tante parole inutili che hanno marginalizzato in Europa il nostro Paese, ma le arroganze sostenute dall’incompetenza e dall’incapacità vengono al pettine e si pagano.

LMPD

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