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EDITORIALE – I tempi cambiano in fretta, sicuro, e anche i comportamenti

I tempi cambiano in fretta, sicuro, e anche i comportamenti.

Dipendono, quasi sempre, dalle caratteristiche personali dei soggetti che agiscono.

Leggevo l’altro giorno un’osservazione che riporto (parzialmente) così come l’ho trovata su Anteprima (Riccardo Ruggeri, Zafferano.news): Essendo un paese di secondo livello, per settant’anni siamo stati governati da leader politici rigorosamente di secondo livello, che si sono comportati da “fattori”. Stante i disastri fatti dai “fattori”, è arrivato Mario Draghi, un “padrone” vero, rigorosamente di primo livello. Infatti non parla, fa execution, l’unico aspetto nobile della politica.

Per mio conto trovo che alcuni statisti di primo livello all’inizio dei settanta anni li abbiamo anche avuti sebbene, disgraziatamente, non siano durati abbastanza per traghettare il Paese verso una più diffusa civilizzazione di stampo europeo e occidentale come almeno una parte dei concittadini (quelli stessi che tuttora con il loro lavoro nonostante tutto tengono in qualche modo a galla lo scafo bucherellato dalle teredini nel quale alloggiano abusivamente numerosi lurchi di ogni profilo) avrebbero auspicato.

D’altra parte, i nostri vicini d’Europa ai rispettivi Stati unitari sono pervenuti qualche secolo prima dell’Italia, rimasta fino all’ultimo terra di conquista e facile retaggio altrui a motivo di quel medesimo spirito di fazione avulso da qualsivoglia visione statuale unitaria che ancora caratterizza, in gran parte, la politica, l’antipolitica, le consorterie in servizio permanente.

Che però, poi, si sia rimasti un paese di secondo livello governati da soggetti di secondo livello che si sono comportati da fattori è difficilmente contestabile e la prova del nove è costituita dal nostro essere, sotto numerosi aspetti, ben più prossimi al continente africano (detto con tutto il rispetto geografico e antropologico) che europeo.

E circa il particolare che i fattori siano più pericolosi del padrone sia per l’egoismo e l’iniquità dei propri comportamenti (sono infatti, salvo qualche lodevole eccezione, dei mercenari) sia per la piaggeria e la doppiezza abbiamo già autorevoli memento nei Vangeli senza dover ricorrere a più moderni economisti o politologi.

Quindi corrisponde al vero che l’attuale presidente del Consiglio sia una vera e propria discontinuità, come usano dire gli esperti che talvolta utilizzano il concetto in modo temerario per mancanza di materiale adatto, poiché Draghi è di certo un padrone e un primo livello.

Ovviamente, come già detto, perfino lui è un uomo con pregi e difetti e, oltre a tutto, privo di bacchetta magica, ma è (l’ha dimostrato in lunghi anni di attività) serio, competente e lavora con quel tanto (in rapporto al contesto) di possibile e necessaria lungimiranza senza la quale qualsivoglia percorso politico più che a una traiettoria assomiglia piuttosto al volitare dei mosconi là dove c’è da mangiare.

Ora lo sostiene una eterogenea e sempre ciarliera maggioranza che ha dovuto fare di necessità virtù nel tentativo (riuscito) di salvare anche proprie prerogative mondane, ma sulla sincerità (parola nella specie fuori luogo) o almeno solidità dei cui propositi meglio non indagare.
Il neopresidente ha, senza perdere tempo né chiacchere, messe in funzione, in posizioni importanti, persone di propria fiducia e si è tenuto lontano dalla coorte dei sottosegretari attorno a cui si sono accapigliati i leader.

Non ha bisogno, per sua e nostra fortuna (almeno questa), di presentare curricula e di farsi vedere sul pezzo per dimostrare (a cominciare da se stesso) di esistere onde, per esempio, ha evitato la tradizionale e trita allocuzione di contorno al Dpcm anti Covid lasciando spazio a chi di dovere.

Né, data la sua parsimoniosa retorica, necessita di portavoce siamesi.

Speriamo (razionalmente, ancor prima che psicologicamente) che riesca a lavorare e far lavorare seriamente, perché di questo c’è bisogno come dell’ossigeno e che, sebbene obtorto collo (ma questo è comprensibile), anche i leader si rendano conto, o almeno nutrano il sospetto, che l’occasione è unica anche per loro, responsabili di avere irresponsabilmente portato al potere l’incompetenza e la vanità (in senso etimologico) e di avere spinto il Paese (che in parte se lo merita anche, ma nella maggioranza forse non ancora) lungo il piano inclinato del ritorno alle origini (le savane, non la Repubblica dei padri latini).

Tanto la capacità di assicurare una cosa in un senso e subito farla a rovescio, se conviene, con contestuale negazione dell’evidenza rimane comunque nel DNA politichese così come la disponibilità a compiere quanto dichiarato indisponibile spacciandola per la scelta migliore: a fare il governo giallo-verde (o, in memoria del bravo soldato Schwejk, la bestia giallo-nera), giallo-rosso o arcobaleno.

L’elenco che segue, e. g., non è mio, ma di Mattia Feltri che lo ha presentato come provvisorio e probabilmente incompleto delle alleanze grilline (nel perimetro delle quali è ora dato in procinto di planare anche l’avvocato del popolo):

Lega Nord, Movimento associativo italiani all’estero, Partito liberale italiano, Partito sardo d’azione, Movimento per la sovranità, Partito socialista italiano, Partito democratico, Articolo Uno-Mdp, Possibile, Sinistra italiana, Italia viva, Centro democratico, Centristi per l’Europa, Partito autonomista trentino tirolese, Südtiroler Volkspartei, Patto dei democratici per le riforme-Sicilia futura, Alternativa popolare, Popolo protagonista, Popolari per l’Italia, Moderati, Forza Italia, Azione, Più Europa, Noi con l’Italia, Fare, Scelta civica, Direzione Italia, Unione di centro, Cantiere popolare, Cambiamo con Toti, Identità e azione-Popolo e Libertà, Radicali italiani, Partito socialista-Nuovo Psi, Partito pensionati, Alleanza di centro per i territori, Unione sudamericana emigrati italiani.

Speriamo quindi di farcela, come per il Covid-19, indipendentemente dall’età.

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