HomeDialogandoNewsletterApprofondimentoL’APPROFONDIMENTO – Il cinema ritrovato

L’APPROFONDIMENTO – Il cinema ritrovato

Il cinema è, fra le forme artistiche cui si rivolge la fantasia e l’intelligenza dell’uomo, la più recente (fine ‘800) altresì denominata ‘settima arte’: basandosi sul movimento riprodotto concreta una forma di narrativa normalmente di approccio più agevole o meno complesso rispetto alla lettura, ma in grado di ‘parlare’ ancor più direttamente allo spettatore (lettore).

Come ogni altra può rivelarsi assolutamente inutile oppure elevarsi a offrire esperienze e sensazioni di valore che, in virtù del mezzo tecnico costituito dal film, possono agevolmente essere riproposte nel tempo.

Con il titolo de ‘Il Cinema ritrovato’, continuiamo a pubblicare alcune pennellate sulla scuola francese (storicamente sorta con gli inventori Lumière) a cura di un cinèfilo che la conosce sia nella cultura generale sia nei suoi protagonisti.

 

François Truffaut, cineasta
(Parigi, 6 febbraio 1932 – Parigi, 21 ottobre 1984)

Il mio primo incontro con François avvenne dalla parte giusta, cioè dalla parte del cuore.

In una afosa notte giovanile di agosto, dopo una delle solite serate con gli amici a parlare ingenuamente di futuro e a vanvera di donne, tornato a casa, casualmente, mi imbattei in TV nella sua seconda opera cinematografica, il cortometraggio “Les Miston” (L’età difficile, letteralmente I monelli – 1957).
Di seguito ci donerà il capolavoro assoluto “Les quatre-cents colps” (I quattrocento colpi, Palma d’Oro a Cannes nel 1959).

Les Miston in sintesi: cinque giovanissimi trascorrono l’estate spiando una giovane coppia di innamorati: Bernadette e Gérard.
È la storia dei loro primi turbamenti amorosi davanti alla bellezza solare di Bernadette, verso la quale reagiscono cercando di rendere la vita impossibile alla coppia.
Il film termina con la partenza di Gérard per una spedizione alpinistica in cui troverà la morte: i ragazzi accoglieranno la notizia con indifferenza.

Rimasi folgorato da due scene.

  • La prima: il piano sequenza delle gambe di Bernadette, la protagonista (Bernadette Lafont) che pedala quasi danzando con la gonna svolazzante lungo l’alzaia del fiume per raggiungere il suo convegno amoroso.
  • La seconda: Bernadette raggiunge il bosco, abbandona la bicicletta appoggiata a un albero e si avvia verso il suo innamorato. I monelli (les miston) la seguono di soppiatto, salvo uno di loro che si attarda, si accosta alla bicicletta di Bernadette e appoggia la guancia al sellino dove poco prima la ragazza stava seduta.

Credo che tutta la mia passione per i film di François e per le gambe delle donne e l’universo femminile nasca da quella visione casuale e notturna.

In seguito lo stesso François certifica il ruolo centrale delle gambe femminili nell’universo, quando fa dire al protagonista del suo film “L’homme qui aimait les femmes” (“L’uomo che amava le donne” – 1977, con uno straordinario Charles Denner), ammirando ancora una volta, da defunto nella tomba, dalle radici verso il cielo, le gambe delle sue numerose amanti intervenute in massa al suo funerale: “Les jambes de femmes sont des compas qui arpentent le globe terrestre en tous sens lui donnant sa équilibre et son harmonie” (Le gambe delle donne sono compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, dandogli equilibrio e armonia).

Quello del nostro caro François è un genio sottile, fatto di stile raffinato e di parole semplici.
La sua poetica è ben condensata in una sua frase, “tre film al giorno, tre libri alla settimana“, non con l’approccio dello studioso, ma del curioso comprensivo e indulgente.

Questo Maestro del cinema, che abbiamo conosciuto e amato “in presa diretta” e che così tanto ci ha rapiti al primo approccio, continua ad affascinare noi, a oltre 36 anni dalla sua morte, nostalgici di un cinema d’autore che forse non tornerà.

Antonello Nessi

(Altre note sul cinema francese dello stesso autore sono state pubblicate nei precedenti numeri 154, 155, 158)

Print Friendly, PDF & Email