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APOCRIFA – Vax, sempre Vax, fortissimamente Vax

Il Comitato Tecnico Scientifico (CTS), composto da esperti ed esponenti di Enti e Amministrazioni dello Stato più un esperto indicato dalla Conferenza delle Regioni, è chiamato a svolgere funzioni di consulenza e di supporto a livello centrale, cioè governativo, nelle attività di coordinamento necessarie a governare e superare l’emergenza epidemiologica causata dal Coronavirus.

La Corte costituzionale ha confermato che le misure atte a contrastare la pandemia appartengono alla competenza esclusiva dello Stato in quanto ‘profilassi internazionale’ e non alle Regioni.

Vedremo se servirà a portare un minimo di coordinamento effettivo.

Recentemente il governo ha revisionato l’organismo dimezzando il numero dei componenti, cambiandone alcuni e ritoccandone lo schema operativo.

Il nuovo Comitato Tecnico Scientifico prevede “la partecipazione del Presidente del Consiglio Superiore di Sanità del Ministero della Salute (in qualità di coordinatore del Comitato), del Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (in qualità di portavoce del Comitato), del Direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, di un componente designato dal Presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome, del Presidente del Comitato Etico dell’Istituto Nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, del Direttore Generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, del Presidente dell’AIFA oltre che di un componente indicato dal Dipartimento della protezione civile”.

Tali profili potranno essere utilmente integrati con un esperto in materie giuridico-amministrative, cui affidare le funzioni di segretario verbalizzante del Comitato, nonché da altri tre esperti sia nelle materie attinenti alla sanità, sia in quelle statistico-matematiche”.

Di primo acchito che ora siano diminuiti a dodici è novità da accogliere positivamente. Chiunque abbia esperienza di lavoro in organizzazioni pubbliche o private ben conosce la costante (socio-antropologica) in virtù della quale l’efficacia e l’efficienza di un gruppo di lavoro tende a diminuire con l’aumento dei partecipanti e del rispettivo rumore di fondo.

Nel caso della presente emergenza sanitaria, poi, lo scenario è aggravato dal fatto che anche gli scienziati più qualificati non possiedono (ancora) le conoscenze di cui occorrerebbe disporre (a parte la tendenza di taluno ad autoreferenziarsi come emersa in questi mesi di interviste e dibattiti-duello) onde, non potendo contare sfortunatamente sulla consulenza di chi con certezza possegga il verbo, appare ragionevole riferirsi alle cariche istituzionali ed esecutive statali confidando nelle più alte capacità formalmente e pubblicamente riconosciute.

Altra novità è l’istituzione di un portavoce unico.

Il CTS riferisce anzitutto funzionalmente al governo, ma è corretto far sì, dato che non siamo nelle condizioni a tirannide definita di tanti altri Stati, che possa anche comunicare con stampa e cittadini ai quali una interlocuzione seria e competente, nei limiti di quello che si conosce e della prudenza derivante dalla responsabilità, non può che arrecare beneficio nel marasma dell’isteria dei media sociali fuori di controllo e di testa e troppo spesso teatri di corride ideologiche personali.

Quindi ben venga il portavoce unico per comunicare aggiornamenti sull’andamento della pandemia.

Nell’anno passato e anche di recente si sono intrecciate, a livello dei sempre più numerosi esperti in crescita progressiva che TV e giornali traggono quotidianamente dallo scaffale a uso interviste, pareri e presenze (chi avrebbe mai pensato a un numero così sterminato di esperti virologi ed epidemiologi), troppe verità unilaterali e tracotanti giudizi accompagnati da rispettive previsioni causa di non irrilevanti responsabilità in scelte e comportamenti che hanno fatto fare il cerchio alla pandemia e tornare noi al punto di partenza: in ogni caso male ornato dalla seconda primavera che sfuma miseramente nella conta dei decessi e nell’incertezza continua.

Ricordiamo quanto fossero rade e inascoltate dalla maggioranza dei sapienti (anche politici) le previsioni (queste sì previsioni, nonostante le incertezze) di coloro che vedevano nel vaccino l’unica soluzione realistica.

Che è l’obiettivo generalizzato di oggi.

Quindi se un CTS autorevole e serio, composto da quanto di meglio lo Stato sia in grado di proporre, s’impegna anche in una comunicazione proporzionata al suo ruolo si può sperare in un’alternativa al gracidante blatero ergo sum in servizio permanente nell’ecumene dei micro-opinionisti che esternano.

Il nuovo Comitato Tecnico Scientifico è stato dunque composto da:

Prof. Franco Locatelli , Presidente del Consiglio superiore di sanità (coordinatore); prof. Silvio Brusaferro , Presidente Iss (portavoce); Dott. Sergio Fiorentino, indicato dalla Protezione civile (segretario); Dott. Giuseppe Ippolito, Direttore scientifico dello Spallanzani; Dott.ssa Cinzia Caporale, Comitato etico dello Spallanzani; Dott. Giorgio Palù, Presidente di Aifa; Prof. Giovanni Rezza, Direttore generale Prevenzione, Ministero della Salute; Dott. Fabio Ciciliano, medico della Polizia di Stato; Prof. Sergio Abrignani, indicato dalle Regioni; Prof.ssa Alessia Melegaro, docente di Demografia e statistica (Bocconi); Ing. Alberto Giovanni Gerli, ingegnere (imprenditore); Dott. Donato Greco, già dirigente del Ministero della Salute e dell’Iss.

Gerli, che il periodico Regioni.it nel numero del 17 marzo aveva presentato come “Ingegnere, cura i dati sul Covid per la Lombardia”, si è subito dimesso e non è chiaro come sia andata la vicenda (dalla scelta alle conseguenti violente polemiche).

Ma tutto rientra nell’ordine della politica (in particolare di quella che non ci piace) e non rimane che augurare buon e miglior lavoro confidando che il piano nazionale distribuisca efficacemente i vaccini i quali pervengano con regolarità e che le Regioni facciano il loro dovere con competenza e la maggior omogeneità possibile (essere costituzionalmente autonome in materia di sanità, peraltro con la precisazione sopra riportata della Corte costituzionale, non significa necessariamente sottrarsi o non partecipare correttamente a un’opera coordinata).

La logistica vaccinale è ora affidata a un militare legato, come ogni altro, allo Stato (e all’Italia cui si riferisce chiamandola Patria) da un rapporto costante di servizio e di lealtà ben più solido di tanti altri fondati viceversa su scelte contingenti di ordine politico o clientelare.

Nonostante qualcuno abbia subito un po’ biforcutamente rilevato che la logistica in questione sarebbe stata al sicuro se affidata agli ingegneri di Amazon (della cui efficienza siamo tutti testimoni oculari e che avrebbe forse anche praticato allo Stato uno sconto in ragione di ottenere, sic et simpliciter, una banca dati tanto minuziosa e aggiornata della mappa italica), è questa una buona occasione per l’Esercito che, come pubblica istituzione, non gode generalmente, eccezion fatta per casi particolari, di grande reputazione nell’immaginario del popolo di casa.

Ora l’obiettivo è l’immunità di gregge (non quella ‘naturale’ cui si riferì a suo tempo con qualche libertà di troppo il primo ministro britannico che pareva orientato a misurarsi con il virus con distaccata filosofia prima di ammalarsi lui stesso e di cambiare rattamente idea per fortuna sua e dei suoi amministrati) la quale è raggiunta quando (dicono gli esperti) il 70% circa della popolazione sia vaccinata.

Questo significa, per noi, vaccinare 42 milioni di adulti e, in particolare, non diluire l’intervento –italico more aduso ai rinvii e alle proroghe- sibbene realizzarlo nel più breve tempo possibile anche perché nel frattempo spuntano come funghi venefici sempre più varianti.

Il Piano (del 13 marzo scorso) del Commissario straordinario ha come obiettivo la vaccinazione entro settembre 2020 del 80% della popolazione, ma non prende in considerazione riduzioni di approvvigionamenti dei vaccini dei quali è disposta la ricezione e conservazione per la successiva distribuzione nell’aeroporto militare di Pratica di Mare, ad eccezione dei vaccini Pfizer che sono consegnati direttamente ai punti di destinazione.

E, dato che siamo nel primo trimestre della campagna vaccinale come si presenta, allo stato, lo scenario?

I rallentamenti in corso hanno condotto a una media attuale (negli ultimi sette giorni) di poco meno di 150.000 somministrazioni pro die, ben lontane dalle 500.000 indicate nel Piano nazionale come condizione per raggiungere la soglia del 80% di popolazione vaccinata entro settembre 2020, e a questo ritmo l’obiettivo si sposterebbe a ottobre 2022.

Le dosi (dati ISPI) effettivamente consegnate al 18 marzo sul totale previsto al 31 marzo:

Pfizer/BioNTech 6,6 milioni di dosi su 7,81; AstraZeneca 2,47 su 8,03; Moderna 0,49 su 1,33; CureVac 0 su 1,99;

segnalano, allo stato, una rilevantissima scarsità rispetto al fabbisogno che è servito per fissare gli obiettivi temporali.

In particolare, rispetto alla immunizzazione degli ultra-ottantenni, su cui aveva insistito la Commissione europea a motivo dell’essere la fascia obiettivamente più a rischio, l’Italia è al quart’ultimo posto, con il 6%, prima di Lituania, Bulgaria e Lettonia.

Il risultato va letto però tenendo presente che la Commissione europea consegna ai Paesi membri quantità di vaccini proporzionali alla rispettiva popolazione, e quindi l’Italia non è trattata diversamente: ha solo deciso di vaccinare prioritariamente non tanto gli ultra-ottantenni, ma anche altre larghe fasce della popolazione (fra cui, in particolare, personale sanitario) con età, ovviamente, ben inferiore. E quindi a parità di dosi disponibili (comunque scarse) l’intervento si diluisce di conseguenza.

Gli ultra-ottantenni vaccinati rappresentano (al 21-03, La Repubblica) il 5,83%, i 70-79 il 3,4% (ma solo con la prima dose), i 60-69 il 4,13%, i 50-59 il 5,02%, i 40-49 il 4,05%, i 30-39 il 4,3%, i 20-29 il 3,52%.

Dipende quindi, in buona sostanza, dalla strategia vaccinale adottata in rapporto alle disponibilità dei vaccini medesimi.

Vedremo se e come qualcosa cambierà, ma rimane il fatto che siamo dipendenti dalle logiche produttive delle case farmaceutiche e dai contratti.

Nell’ambito nazionale, quasi al termine del primo trimestre di esecuzione del piano nazionale, le persone vaccinate, vale a dire con il ciclo completo, (al 21-03, Fonte: Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 – Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ministero della Salute, rielaborazione dati la Repubblica) risultano il 4,06% (2.443.394) sulla popolazione totale con significative differenze fra le Regioni per le quali si va dal 5,41% /5,31% di Bolzano e del Friuli-Venezia Giulia al 3,16%/3,1% di Sardegna e Calabria.

La Lombardia è al 14° posto, con il 3,87%, dopo il Lazio e prima della Campania.

LMPD

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