HomeDe Litteris Et ArtibusDE LITTERIS ET ARTIBUS – IL CINEMA RITROVATO – Jules e Jim di Francois Truffaut (1962)

DE LITTERIS ET ARTIBUS – IL CINEMA RITROVATO – Jules e Jim di Francois Truffaut (1962)

Il cinema è, fra le forme artistiche cui si rivolge la fantasia e l’intelligenza dell’uomo, la più recente (fine ‘800) altresì denominata ‘settima arte’: basandosi sul movimento riprodotto concreta una forma di narrativa normalmente di approccio più agevole o meno complesso rispetto alla lettura, ma in grado di ‘parlare’ ancor più direttamente allo spettatore (lettore).

Come ogni altra può rivelarsi assolutamente inutile oppure elevarsi a offrire esperienze e sensazioni di valore che, in virtù del mezzo tecnico costituito dal film, possono agevolmente essere riproposte nel tempo.

Con il titolo de ‘Il Cinema ritrovato’, pubblichiamo alcune pennellate sulla scuola francese (storicamente sorta con gli inventori Lumière) a cura di un cinèfilo che la conosce sia nella cultura generale sia nei suoi protagonisti.

Jules e Jim di Francois Truffaut (1962)

Giusto 60 anni fa, anno 1962, usciva nelle sale questo film, il terzo lungometraggio del nostro caro Francois, dopo lo sfavillante esordio a Cannes nel 1959 con il capolavoro “Les quatre-cent coups” (una delle opere cinematografiche più tenere e profonde sul mondo degli adolescenti), seguito da “Tirez sur le pianiste“ (1960), omaggio ironico ai film d’avventura di un tempo,
Francois è un divoratore di libri, fedele al suo assioma “trois films par jour, trois livres par semaine”, ne acquista molti alla volta innamorandosi di alcuni classici o scoprendone altri sconosciuti, ed è così che nei primi anni cinquanta si imbatte per caso in una “opera prima di un uomo di settantaquattro anni”.

È Jules e Jim: il romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché che Truffaut adatterà in maniera fedelissima facendone il film omonimo.
Molti dei suoi film sono tratti o liberamente ispirati a romanzi più o meno celebri, da “Farhenheit 451” di Ray Bradbury a “Deux anglaises et le continent”, ancora di Roché, a Henry James della “Camera Verde”.

In breve, ecco la storia.

Jules (tedesco) e Jim (francese), amici nel tempo dell’Europa felice prima del fatale luglio 1914, conoscono Catherine, se ne innamorano entrambi ed è Jules a sposarla.

Il conflitto divide i due amici, ma dopo la guerra Jim raggiunge Jules e Catherine in Germania.

Il rapporto fra Jules e Catherine sembra logorarsi, lei appare scontenta, distratta.

Accade allora l’inevitabile e la donna diventa l’amante di Jim.

Jules ne soffre, ma poi accetta il rovesciamento della situazione ed è ora lui ad essere l’amico della coppia, un triangolo che si attua sotto il segno di un comune affetto.

Tuttavia, l’irrequietezza di Catherine riemerge (è un tipino che anela all’assoluto, la quiete sentimentale non la soddisfa) e così un giorno mentre lei e Jim sono in macchina conduce, sorridendo con dolcezza, la vettura su un ponte in rovina e precipita nel fiume, come a fermare un istante magico, assoluto, unico.

Il vedovo, ormai solo, fa cremare i due corpi.

A lui rimane il ricordo di quell’irripetibile esperienza sentimentale.

A differenza di quanto possa apparire non è l’erotismo il tratto saliente della vicenda, ma la centralità dell’opera sta nel praticare ed evocare la memoria e la tenerezza e così Truffaut sfiora, tocca e scava i due sentimenti più forti dell’esistenza umana: l’amicizia e l’amore.

L’altro tratto distintivo è l’assoluto femminile attorno a cui ruota tutto.

Qui emerge una caratteristica saliente della poetica di Truffaut.

“Ho sempre considerato le donne come qualcosa di misterioso, magico, inaccessibile”, così ci parla delle donne Truffaut, e così le ha mirabilmente ritratte nei suoi film, non le giudica né cerca di spiegarle, ma solo le guarda con ammirazione e amore.

Catherine rappresenta l’idea di donna forte e libera, che non vuole appartenere a un solo uomo, decisa a inventare e gestire la propria esistenza, istante per istante, anelando alla libertà assoluta, nella vita e nell’amore.

Jeanne Moreau è una Catherine d’eccezione, persino troppo brava, e vi sono nel film istanti interpretativi imperdibili e straordinari, al culmine di luminosa bellezza erotica e sentimentale.

Oskar Werner (Jules) e Henry Serre (Jim) si calano consapevolmente e professionalmente nelle loro parti, sapientemente guidati dalla mano del regista.

 

Antonello Nessi

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