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APOCRIFA – Moltitudini

Con l’ordinanza del ministro della salute del 28 aprile scorso sono state modificate in Italia -sulla falsariga di quanto deciso in genere in UE- allargandole e rendendole più elastiche, molte regole e disposizioni di sicurezza anti Covid-19: a cominciare dall’uso delle mascherine, certificazioni e accesso a molti luoghi pubblici come ristoranti, bar e negozi.

Da un lato la stagione primaverile procede verso il periodo più caldo e deputato alla vita all’aria aperta oltre che alle vacanze e, dall’altro, lo sforzo vaccinale ha raggiunto livelli molto ampi di popolazione con risultati sicuramente positivi in termini di diminuzione sia delle morti sia delle spedalizzazioni e, in particolare, della terapia d’urgenza.

Quindi dopo oltre due anni, iniziando a contare il luttuoso periodo dal febbraio 2020, di shock psico-fisico, si cerca di convergere verso la normalità, quantomeno quella allo stato disponibile, confidando che a sua volta la normalità possa evolversi positivamente in rapporto all’evoluzione delle varianti in circolazione le quali presentano minore letalità, ma sempre alta probabilità di contagio e continuano a essere presenti in misura elevata mantenendo comunque il rischio nei luoghi chiusi e in quelli affollati.

Il tentativo di risollevare, in una, morale ed economia è comprensibile e considera –in primis politicamente- le stanchezze del primo e le fragilità della seconda, ma dovrebbe (deve) essere accompagnato sia dalla costante percezione di un rischio non terminato e anzi in espansione fra i bambini, che precedentemente ne sembravano esclusi, e comunque sempre altamente nocivo per la fascia più matura in età, oltre i 50 anni, la quale deve sempre dar prova della vaccinazione per accedere ai luoghi di lavoro, sia dalla convinzione che sia sempre necessario mantenere varie cautele già messe in uso per obbligo: igiene in particolare delle mani, pulizia e aerazione costante degli ambienti chiusi, controllo dell’assembramento e, in ultima analisi, ancora ricorso consapevole alla mascherina, sebbene ora solo raccomandata, dato che il virus si contrae in ogni caso come prima attraverso il respiro e il contatto contaminato.

Si sono spenti intanto i clamori comunicativi di numerosi esperti -scienziati, virologi ed epidemiologici- che a ragione (i meno) o a sragione (i più) hanno tenuto banco o imperversato portando il loro quotidiano contributo di confusione e di stress su di uno scenario già angosciante di per sé in quanto ignoto alla scienza che come tale lo riconosceva procedendo di conseguenza con la dovuta cautela.

Non è un male che i lurchi mediatici siano tornati nelle loro tane, nondimeno sostituiti da altri non meno starnazzanti esperti di geo-politica e di belliche strategie oltre che depositari di esclusive verità e di informazioni, chiamiamole così, erogate loro da soggetti cui non manca la faccia di tolla.

Si possono allora guardare, forse con minor affanno contingente e un po’ di maggior razionalità, alcuni dati probabilmente più fondati di quelli che circolavano in tema di pandemia alla quale era stato addebitato globalmente un numero di morti pari a circa 6 milioni.

La OMS ha recentemente (maggio 2022) pubblicato e reso disponibile sul suo sito uno studio (gennaio 2020-dicembre 2021) svolto da un gruppo internazionale di ricerca dal quale emerge una tragica sottostima comunicata all’Organizzazione, presumibilmente per i motivi più svariati (alcuni dei quali non sempre accettabili), da parte dei singoli Paesi che porta le morti a 14,91 milioni vs 5,42 milioni rapportati ufficialmente nel periodo di riferimento.

Il metodo della OMS, pur con tutta la cautela per l’assenza di infallibilità a proposito delle stime condotte anche in modalità scientifico-matematica, si basa sul monitoraggio dell’eccesso di mortalità che fornisce una comprensione più completa dell’impatto di COVID-19 al di là del numero di decessi per COVID-19 ufficialmente riportati dai Paesi: l’eccesso di mortalità globale (definito come differenza tra il numero totale di decessi che si sono verificati e il numero di decessi che ci si sarebbe aspettati in assenza della pandemia, ovvero uno scenario no-COVID-19), mentre la pandemia si evolve nel tempo, rivela infatti il quadro del suo pieno impatto, diretto e indiretto, e onere su territori, sistemi sanitari e persone.

Comprendere l’eccesso di mortalità significa tenere conto di componenti diverse, ma strettamente interconnesse e cioè:

  • i decessi attribuibili direttamente a COVID-19 che sono stati contati e segnalati all’OMS dai Paesi;
  • i decessi attribuibili direttamente a COVID-19 che non sono stati conteggiati o segnalati dai Paesi;
  • i decessi indirettamente associati al COVID-19, dovuti ad altre cause e malattie, derivanti dall’impatto più ampio della pandemia sui sistemi sanitari e sulla società;

ai quali, di cui sopra, si sottraggono tutti i decessi che si sarebbero verificati in circostanze normali, ma sono stati evitati a causa di cambiamenti legati alla pandemia nelle condizioni sociali e nei comportamenti personali (a esempio meno morti per incidenti stradali o decessi per influenza a causa di precauzioni igieniche o blocchi locali e meno viaggi).

La considerazione d’insieme è necessaria perché si tratta di una pandemia e perché l’infezione procede a corrente alternata in varie località che in ogni caso sono in reciproca comunicazione.

Così mentre l’Europa oggi respira, il Sud Africa avverte invece la quinta ondata di coronavirus legata a due nuove sotto-varianti della famiglia Omicron (BA.4 e BA.5) che hanno triplicato i casi e aumentato i ricoveri.

Sembra che queste sotto-varianti si diffondano ancora più velocemente di BA.2 la quale, a sua volta, era più contagiosa della variante originale Omicron emersa nel novembre 2021.

E negli USA si sta diffondendo rapidamente la BA.2, allo stato dominante, in tandem con un’altra, BA.2.12.1, che a sua volta risulta guadagnare spazio.

In definitiva sembra coerente con i fatti (e con la lettura dei dati) considerare con molta cautela le informazioni comunicate a livello internazionale, anche quando questo avviene, dato che circa la metà dei Paesi a livello globale non riporta regolarmente il numero di decessi e altri forniscono solo dati parziali. In Africa, e. g., gli esperti OMS hanno affermato di disporre di dati solo da sei dei 47 Paesi.

Inoltre, ci sono casi in cui il Paese intende governare i dati al ribasso per motivazioni di ordine politico, economico o sanitario.
Così, a esempio, in Egitto le morti in eccesso risultano circa dodici volte superiori a quelle dichiarate ufficialmente per Covid-19 e in Pakistan otto volte superiori e, per gli esperti della OMS, quasi un terzo delle morti in eccesso a livello globale -4,7 milioni- è avvenuto in India vs una cifra del governo indiano che alla fine del 2021 è di 481.080 morti, mentre la Russia, a esempio, aveva riportato circa 310.000 morti per Covid-19 entro la fine del 2021 a fronte di una stima che indica quasi 1,1 milioni.

E’ pur vero che il conteggio dei decessi non è che una componente, anche se rilevante, della strategia anti-Covid-19 e che più importanti sono, a livello operativo, la capacità e le forze di reazione delle istituzioni del singolo Paese in termini di organizzazione ed efficienza del sistema sanitario (posti letto, personale, macchine, ossigeno etc) e i comportamenti di ordine politico in genere (non comprendere l’urgenza, minimizzare, non prendere provvedimenti o non fornire istruzioni etc) e quindi la disponibilità a interfacciarsi e cooperare con gli altri perché la pandemia, per definizione, non rispetta i confini geografici né i muri di contenimento.

Ma questo è un altro aspetto che sfortunatamente le scelte e le azioni di molti (troppi) attori rendono ancora più opaco e fonte di preoccupazione in particolare verso il futuro.

 

LMPD

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