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EDITORIALE – Libertà USA

Come noto negli USA, poco meno di 330 milioni di anime sparse in 50 Stati, allo scoccare del diciottesimo compleanno è sufficiente avere i dollari, e niente altro, per regalarsi armi da fuoco di ogni genere, comprese quelle da guerra.

Quindi poi conservarle da qualche parte per sicurezza di poter garantire in ogni momento la propria personale difesa, che è nella sostanza l’obiettivo politico-pratico del (famoso) secondo emendamento, o anche esercitarsi in qualche modo per essere in grado di tempestivamente sconfiggere il nemico e difendere efficacemente vita e proprietà: tutto è libero e lasciato alla discrezione del soggetto con il solo limite giuridico istituzionale a priori dell’omicidio.

Se non che, a parte il fatto che l’arma è fatta per sparare, ci sono in circolazione, colà come da ogni altra parte (ma altrove le armi sono considerate con maggiore prudenza), un numero impressionante di squilibrati (chiamiamoli così) tali a motivo di cause diverse, sebbene questo non rilevi ai fini delle funeste conseguenze, che a un certo punto le usano.

E fanno morti quasi sempre nel mucchio, preferibilmente nelle scuole dove è facile agire prima di essere intercettati, o nelle adunanze, ricorrenze e così via: ovunque ci siano assembramenti in grado di accrescere la follia numerica del risultato finale.

A posteriori la stampa non manca mai di far notare come l’assassino di turno avesse preventivamente lasciato segni, nei comportamenti e a maggior ragione sui social, che avrebbero potuto essere interpretati e mettere sull’avviso: ma sull’avviso di cosa? E chi avrebbe potuto attivarsi per prevenire?

Solo a scorrere la palude che tracima dai social ci si rende conto che sarebbe come cercare l’ago, gli aghi, nel pagliaio: lo trovi quando ci metti sopra il piede.

Se è carente o non esiste una sufficiente rettitudine morale e civica nell’animo delle persone la tenzone è comunque persa in anticipo, dato che accanto a ciascuno ci vorrebbe un guardiano e poi un custode vicino al guardiano come già a suo tempo sibilato da Giovenale a proposito delle donne le quali, a suo parere, nessuno e niente riesce a tenere lontane dai vizi. E con buona pace dell’austero Platone il quale, a proposito dello Stato (ma quello che aveva in mente lui), riteneva ridicolo che i custodi avessero avuto bisogno di un custode e consigliava loro, piuttosto, di non ubriacarsi per non dovere essere sorvegliati. Se vivesse ora probabilmente sarebbe indotto a riscrivere qualche pagina della sua Repubblica.

E sempre a posteriori, che è la dimensione nella quale si è facilmente maestri altrui, ognuno riveste sempre lo stesso ruolo, in particolare ideologico, e ripete le stesse cose: protesta e indignazione da parte degli uni e tragiche banalità dagli altri (premesso che i diritti non si toccano, le armi sono solo strumenti: vanno fermati coloro che le usano male).

Il governatore del Texas, repubblicano, assume tosto il comando delle immancabili operazioni (chi sa poi quali, oltre alla conta dei morti) e dichiara urbi et orbi che l’accaduto è inaccettabile, aggettivo oggi di moda ovunque e valido per ogni occasione, anche nelle diatribe condominiali, e sorvola sul particolare che è il suo partito il responsabile sia della licenza legale anarchica delle armi sia del veto a rivederne la disciplina come sul fatto che, combinazione, è lui medesimo ad averne consentito il libero porto in pubblico.

In tempo reale un esponente della locale polizia rincara la dose della generale idiozia sottolineando che la sparatoria è stata una strage selvaggia ‘senza alcun riguardo della vita umana’: un’intuizione all’altezza della quale non sarebbe giunto (forse) neanche uno dei nostri più arditi politici.
In compenso però, e subito a ridosso della nuova sparatoria, Trump interviene a Houston alla convention della NRA, la associazione degli armaioli, ed ecco che il servizio segreto, per non saper né leggere né scrivere (non avvenga che qualcuno, estasiato dall’avvenuto, si metta a fare il tiro al piccione sul past), se ne stropiccia del secondo emendamento e impedisce ai convenuti di partecipare armati: guardie e metal detector che, vista l’aria che tira, starebbero meglio intorno alle scuole.

L’effervescente past president (e di nuovo in pectore, come sembra, nella prossima tornata di elezioni) getta il cuore oltre all’ostacolo e all’attento uditorio propone autorevolmente, come rimedio, di addestrare e armare piuttosto le maestre: nel pieno del rinato spirito di frontiera si può agevolmente immaginare come -a esempio e per dirne una- nelle elementari di Tucson o in quelle che sorgono dietro l’OK Corral o altrove entri all’improvviso in aula il preside e la maestra, rattamente impugnata la sei-colpi o l’automatica che sta sempre sulla cattedra accanto al registro, lo stenda fra gli applausi degli alunni già in grado di apprezzare i riflessi fulminei. Dichiarerà poi, la signora, all’affollata conferenza stampa subito convocata dalla polizia, che lo sconsiderato aveva spalancato la porta senza bussare e fatto irruzione nell’aula, che era vestito di scuro in modo da poter essere agevolmente scambiato per un terrorista, che nel dubbio è sempre meglio sparare per primi etc.

All’intervento del past, avvolto nell’immancabile manto (anche) della necessaria ipocrisia tipica di molti anglosassoni attenti alla efficace comunicazione, non è mancato il lato patetico con la formale recita di tutti i nomi delle piccole e grandi vittime.

Bellissimi e sorridenti bambini, di cui sono state diffuse le immagini, che avevano diritto, questo sì, di vivere in pace e certo non meritavano né di avere siffatti governanti né di essere ricordati in questo modo da gente del genere.

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