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APOCRIFA – Diario di bordo

Caro Diario,
una pratica scolastica tradizionale dello scorso millennio suggeriva agli allievi in pausa feriale di tenere, per l’appunto, un quaderno a te dedicato sul quale annotare gli avvenimenti e i fatti più importanti accaduti durante le vacanze estive: una scusa gentile per indurre a non dimenticare del tutto la carta e non fare arrugginire il pennino.

Eseguito più o meno diligentemente il compito, la prima difficoltà è rileggere, da parte dell’autore, il proprio elaborato e indicare, così come richiesto dall’insegnante, i passaggi principali e degni di qualche considerazione: è infatti risaputo come talvolta quello che lì per lì sembra degno di nota appaia già il giorno dopo svuotato di qualsivoglia interesse.

E qui casca l’asino sul quale lo speranzoso o poco prudente cronista confidava di stare viaggiando.

Abbiamo messo, è vero, nella gerla qualche settimana in più, particolare poco esaltante che i giovani non avvertono nemmeno a differenza dei meno atleticamente dotati vecchi, e ci siamo pazientemente tenuti il caldo giorno per giorno monitorato dai media che, per vero, in luglio e agosto c’è sempre stato: quello che è mancato sono state le precipitazioni acquee invernali e primaverili con la conseguente siccità che ha prosciugato fiumi e pozzi e danneggiato ampiamente l’agricoltura, mentre (solito verso della medaglia che c’è quasi sempre) si sta realizzando un’ottima vendemmia.

In particolare, la cucina d’oltre Alpe ansima assai a motivo dell’infimo raccolto di senape, fra riscaldamento globale e guerra, che spinge i consumatori a sobbarcarsi file di sovietica memoria per acquistare la preferita moutarde: evento, questo delle file, che accade quotidianamente in numerose parti del mondo a proposito di generi alimentari anche più essenziali, ma senza particolare partecipazione emotiva da parte dei consumatori europei.

In compenso sono pronte, dopo il via libera scientifico da parte dell’Efsa, le prime portate a base di Tenebrio molitor, familiarmente detto verme della farina, che sta passando da oggetto di disinfestazione a oggetto di allevamento a causa della sua elevata dote di proteine, grassi e vitamine che, unitamente alla minor necessità di suolo et acqua, lo mette con la qualifica di novel food in pole position rispetto ai biechi bovini e suini i quali, oltre a tutto, producono incoscientemente e senza sosta il pericoloso metano tanto nocivo per l’ambiente.

La guerra fra Russia e Ucraina ha perso, col tempo, smalto mediatico (è poi sempre una delle tante guerre che lampeggiano ovunque nell’orbe, solo un po’ più vicina) e (anche) la conseguente guerra del gas, a parte il problema che il metano non dà più una mano; ma molti continuano a confidare nei pubblici ‘ristori’ e la soluzione (quale, oltre a trovare fornitori affidabili e non monopolisti?) è prorogata al prossimo inverno quando con mossa draconiana si abbasseranno ovunque i gradi del riscaldamento: vedremo.

Del pari è uscito dal radar dell’interesse generale il Covid, nonostante la sua presenza oramai endemica (tasso di positività, in Italia, oltre al 12%) e le sue scivolose mutazioni (le sottovarianti Omicron 4 e 5 sembrano in grado di aggirare l’immunità prodotta da precedenti guarigioni): ma quantomeno è cessato il gracidio di molti esperti.

In tema si legga l’approfondimento da brivido (Falsi) del professor Caramella su questo stesso numero.

A proposito poi del gas, un ministro francese ha messo definitivamente nell’angolo il quattro-cinquecentesco Jacques II de Chabannes de La Palice comunicando urbi et orbi come sia sufficiente, per risolvere il non indifferente (bontà sua) problema, passare totalmente, ma in fretta dal gas, giustappunto, alla energia elettrica.

Nel Bel Paese c’è, in aggiunta, l’happening elettorale che incombe sul 25 settembre dopo che alcuni abili statisti hanno dato, per farlo riposare un po’ dallo stress governativo, il benservito al signor Draghi: more solito canea molta, programmi contenuti e confusi, indicazioni su come risolvere i problemi e con quali risorse (soldi) nessuna.

La Chiesa si è tenuta lontana da commenti in prospettiva elettorale e ben ha fatto poiché il cristianesimo non va proclamato a parole, ma dimostrato nei comportamenti e, allo stato, lo scenario è tale da provocare, nel caso si volessero indicare esempi cui ispirarsi, qualche imbarazzo di troppo.

Francesco papa ha espresso gentilmente, ma esplicitamente il concetto esortando gli elettori a rivolgersi a politici ad alto livello, alla De Gasperi e così un’asticella più alta rende automaticamente ancora in maggior grado palesi le tante gambe corte a passeggio.

Da antico detto si impara a non fidarsi del posteriore del mulo (non è chiaro se per la repentina emissione di metano, i subdoli calci a doppietta o ambedue), dei denti del cane (chiaro) e di chi tiene sempre il rosario in mano (chiarissimo): i primi due sono fattori naturali facilmente prevedibili, mentre il terzo non lo è in quanto comportamento umano che fa uso improprio di un simbolo ad alta valenza religiosa. E non è da oggi che si cerchi di gestire a proprio consumo il divino.

In chiave elettorale si accendono -al pari di fuochi artificiali- visioni strategiche lungimiranti per contrastare un’evasione fiscale vergognosa -anzitutto per lo Stato che di fatto l’accetta- ben più endemica del Covid (in realtà, in un Paese ove brulicano lestofanti e ladri, compresa la moltitudine di quelli in guanti gialli, basterebbe per risolvere il problema ritoccare la Costituzione e abolirle, le tasse, proclamando ufficialmente la libera Repubblica delle banane o dei pomodori), esaltazioni populiste dei bonus edilizi gratuiti (si capisce al netto, sempre a proposito dei ladri, delle truffe che -a oggi- sono valutate in 5,4 miliardi), ombrose preoccupazioni, specialmente a sinistra, di disaffezione al voto e timori di possibile carenza della materia prima, cioè degli elettori votanti.

E in effetti numerosi concittadini hanno nel tempo dimostrato di confidare ciclicamente nel soggetto ‘diverso’, quello capace di risolvere tutto e subito a differenza degli intoccabili palesemente incapaci di combinare qualcosa eppur sempre lì a fare girare il cigolante mulino: questa, vale a dire la localizzazione delle sempre più impazienti o del tutto spazientite aspettative (anche commiste al rancore o alla ricerca della vendetta) su di uno specifico soggetto inviato dal cielo o dal caso, unico e provvidenziale salvatore, è la radice populistica che attraversa infida il campo della democrazia, dato che anche il futuro Fuerer andò al governo a seguito di votazione e quindi fermamente e speranzosamente voluto dal suo popolo che poi non se lo tolse più di torno se non affondando nella distruzione del Paese.

Anche le altalenanti fortune elettorali di Forza Italia, Lega, PD e 5 Stelle sono o sono state, in particolare, collegate più che a una visione politica alla fede e al credito attribuito a un ‘capo’: e ora che sul palcoscenico entra anche FdI vedremo il seguito.

Caro Diario, per chiudere con un sorriso -ora che ricomincia perfino a piovere e quindi ricominciano puntuali, come da tradizione, anche frane e smottamenti e alluvioni con morti e inutili polemiche (sempre postume poiché nel frattempo nulla si è fatto per ovviare al rischio per lo più ben noto) ricordiamo ancora i mirabolanti e iperbolici titoloni dei giornali ingegnatisi a coprire in qualche modo il niente, o quasi, delle vicende politichesi estive in prospettiva elettorale: nei quali titoli il posto del confronto o della discussione o del disaccordo o del dissidio, che all’evidenza non esistono più, è stato preso da ‘spaccature’, ‘duelli’, ‘risse’ e ‘scintille’, si suppone sprizzanti dalle durlindane incrociate con clangore e minacciosamente roteanti, oltre che da non meno preoccupanti riferimenti a drammatici sconvolgimenti atmosferici.

Due soli, a braccio, tratti da autorevole quotidiano nazionale: Scintille fra Letta e Meloni (basterebbe immaginare le rispettive pronunce, pisana e romanesca) e Ciclone Calenda sul PD (che la vignetta dell’inossidabile e ineffabile Giannelli raffigurava, coerentemente, con il sobrio e sintetico gesto dell’ombrello).

LMPD

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