HomeDialogandoNewsletterApprofondimentoL’APPROFONDIMENTO – Contemplazione e meditazione. Il pensiero placato

L’APPROFONDIMENTO – Contemplazione e meditazione. Il pensiero placato

Nella vita quotidiana possiamo sperimentare un senso di insoddisfazione, irrequietezza. O nel silenzio interiore percepiamo un interrogativo più profondo. La mente in superficie è continuamente catturata da mille stimoli.

La società e la tecnologia, oggi, paiono chiederci di correre incessantemente.

Riempire. Ma ciò che nutre la mente, rendendola profonda, serena e raffinata, è invece una modalità contraria.

Essa consiste in una pausa. Potremmo definirla come una sorta di “immersione interiore”, nella quale il pensiero si placa; l’uomo sperimenta una pace profonda; e da lì accede a una comprensione (non tramite l’intelletto) più vasta e oltremondana del senso della Vita.

Questo nutrirà di significato, serenità e gioia il nostro cammino terreno.

L’assorbimento profondo: un cammino comune a ogni tradizione spirituale
Proviamo ora a compiere questo cammino. Lo faremo seguendo le indicazioni pratiche del Buddha che conducono a uno stato di assorbimento mentale profondo. Ma tale identica esperienza (espressa con termini e vocaboli differenti) si trova anche nella tradizione cristiana e in tradizioni spirituali e religiose di altre culture, come quella degli Indiani d’America.

Nel Cristianesimo tale stato è chiamato: “Contemplazione” o “Unificazione con Dio” a indicare la qualità di immensità, assenza dell’io, quiete, estasi, natura ultima e trascendenza.

Nell’insegnamento del Buddha, è chiamato: “Samadhi”. O nei suoi assorbimenti più elevati: “Jhana”.

In essi cessa ogni forma di pensiero e si realizza uno stato di perfetta unificazione mentale e beatitudine che ha chiaramente una qualità del tutto differente da ogni benessere mondano. Quando riemergiamo, siamo in equilibrio e percepiamo che il nostro sguardo e la nostra azione sono cambiati.

Tale esperienza lascerà una traccia indelebile nel deposito della memoria e potremo richiamarla in ogni istante e in ogni minimo dettaglio, senza scordarla mai. Essa condurrà a una comprensione oltremondana della vita che risulta trasformante.

Ogni esperienza favorisce il suo ripetersi (come se “imparassimo la strada”- o, meglio, la modalità interiore – che la può facilitare).

Tale modalità non passa né da un comando né da un “voglio”; non passa da un atto di volontà. Ma al contrario da un lasciar andare ogni pensiero, ogni fardello, ogni volontà, ogni azione.

Come avviene questo cammino e cosa lo facilita?

Coltivare il “lasciar andare”
Se afferrate una foglia d’albero – spiega il monaco buddista Ajhan Brahm – e con le mani cercate di tenerla il più ferma possibile, non riuscirete del tutto poiché le tensioni e i movimenti inconsapevoli dei vostri muscoli la faranno vibrare. Ma se non toccate la foglia e vi limitate a proteggerla dalla brezza, la foglia perverrà a uno stato naturale di quiete”.

Ugualmente con la mente.

Non possiamo realizzare la quiete mantenendo la mente nella morsa della volontà; ma se eliminiamo la causa della tensione e movimento mentale (la volontà), la mente diverrà rapidamente quieta. Così, non si può volere che la mente sia quieta; la via che conduce alla quiete è costituita dalla pace che scaturisce dal lasciar andare. Quando lo facciamo, pur se dopo un inizio di prima ritrosia, percepiamo subito un alleggerimento: e grande pace.

Inizia il cammino. Si realizza una spirale virtuosa, a cerchi sempre più profondi.

Per spiegare meglio: “quiete” significa assenza di movimento. Poiché sono la volontà e l’insoddisfazione a muovere la mente, per sperimentare la quiete occorre lasciar andare ciò che causa il suo movimento: ogni atto di volontà, ogni azione, ogni pensiero, ogni controllo.

In questa pausa la mente diverrà quieta. Diventando quieta sperimenterà pace profonda e beatitudine; in tal modo ogni traccia di insoddisfazione cesserà e questo appagamento rafforzerà ancor più la quiete mentale.

Tale perfetta immobilità della mente accrescerà la pace e beatitudine che renderanno ancor più immota la mente e placheranno l’onda del pensiero.

La mente non desidera essere altrove o andare altrove. E’ beata e si immerge in questo stato per periodi di tempo non quantificabili.

La piena fiducia interiore: un passo fondamentale
Dopo le prime fasi, nascerà una piena fiducia interiore nella perfetta stabilità della beatitudine. Tale piena fiducia (ajjhattam sampasadanam, in lingua pali), differente da ogni fiducia umana o mondana, costituisce un tratto caratteristico di questo cammino: essa darà grande slancio al ‘lasciar andare’ rafforzandone la strada.

Tali stati di perfetta unificazione mentale sono essenziali perché si realizzino degli insight (comprensioni, intuizioni) che saranno trasformanti del nostro sguardo e della nostra vita.

Il Buddha li incoraggiò con fermezza spiegando che essi costituiscono un passo essenziale del cammino di visione profonda, oltre a costituire una dimora riposante.

Elena Greggia
(continua)

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