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EDITORIALE

Il susseguirsi di eventi immondi, causati dalla pazzia e immoralità socio-politiche dilaganti, fa apparire vuote e di circostanza perfino le dolenti parole di Francesco papa che è uno dei pochissimi a non piegarsi alle regole non scritte, ma fermamente adottate dai più, delle convenienze e del politicamente corretto.

Con l’anomala sebbene naturale conseguenza che appena qualche giorno senza annunci di morti in prima pagina induce ad un respiro di sollievo quasi che, l’onda di piena oramai passata, si possa ricominciare a vivere pur con l’ineludibile interrogativo circa il futuro che è la costante della vita a dispetto di ogni programma e supponente certezza (ricordate il magistrale dialogo tra Voland e i due letterati allo Stagno dei Patriarchi che apre il ‘Maestro e Margherita’ di Bulgakov? Prima di lui, con meno parole, ma identica sostanza, il Vangelo).

Ma l’oltraggio è nei confronti dell’intelligenza dei fatti e della correttezza minima di comunicazione, in assenza delle quali rimane solo uno sgomento di fondo cui nessuno, a livello politico, può dare in risposta se non parole vuote e ripetitive, queste ancora più pericolose socialmente poiché danno spazio, fra i cittadini frastornati e giustamente impauriti, alle ipotesi più assurde le quali, senza l’esistenza del pantano, non sarebbero gracidate oltre i limiti fisiologici (ed accettabili) di qualsiasi democrazia.

I cristiani hanno un passato di guerre di religione, ignobilmente ed ereticamente combattute per anni nel nome del medesimo Dio che ancora induce vergogna e sconforto a causa della sfacciata commistione con le usuali motivazioni di ogni guerra che sono potere, denaro, orgoglio. Ma la crisi, almeno quella, è stata superata.

L’islam combatte senza esclusione di colpi al proprio interno, fra sunniti e sciiti, e contemporaneamente -da parte di correnti oltranziste largamente finanziate anche da chi oltranzista dichiara di non essere- verso gli infedeli occidentali.

Riconoscere che questa sia una guerra di religione non è certo offendere chi crede nel suo Dio, ma qualificare gli avversari come è giusto mettendo in chiaro, almeno, la loro idolatria poiché si sono fatti un dio nero a immagine e somiglianza delle loro anime nere ed in nome di questo dichiarano, per quel che serve, di agire.

Le guerre di religione sono sovente le più ipocrite e sporche poiché velando gli scopi abbietti con l’ideale, ancorché abusivamente manipolato, traggono più facilmente in inganno.

Una volta coscienti e convinti di essere oggetto di una guerra, i Paesi coinvolti ed aggrediti, nonostante non lo abbiano scelto, anziché parlare e ripetere le stesse inutili cose, tanto il nemico continua anzi ne trae soddisfazione, decidono le contromisure più efficaci possibili che non corrispondono, ovviamente, al mettersi sul suo stesso piano.

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