HomeDialogandoDal Mondo SanitarioDecreto Balduzzi: poliambulatori di assistenza primaria aperti 24h per 7 giorni settimana. Auspicio o realtà? I commenti alla fattibilità della riforma

Decreto Balduzzi: poliambulatori di assistenza primaria aperti 24h per 7 giorni settimana. Auspicio o realtà? I commenti alla fattibilità della riforma

«Garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, nonché un’offerta integrata delle prestazioni dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica, della medicina dei servizi e degli specialisti ambulatoriali, adottando forme organizzative monoprofessionali (aggregazioni funzionali territoriali) che condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, nonché forme organizzative multi professionali…».
Il decreto legge noto come ‘Decreto Balduzzi’, approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 settembre scorso e in attesa della firma del Capo dello Stato che precederà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, stabilisce al Capo 1, Art. 1, Comma 1 le seguenti modifiche rispetto al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni:
«[…] prevedere che le attività e le funzioni disciplinate dall’accordo collettivo nazionale siano individuate tra quelle previste nei livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, comma 2, nei limiti delle disponibilità finanziarie complessive del Servizio sanitario nazionale, fatto salvo quanto previsto dalle singole regioni con riguardo ai livelli di assistenza ed alla relativa copertura economica a carico del bilancio regionale; […]
b-bis) nell’ambito dell’organizzazione distrettuale del servizio, garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, nonché un’offerta integrata delle prestazioni dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica, della medicina dei servizi e degli specialisti ambulatoriali, adottando forme organizzative monoprofessionali (aggregazioni funzionali territoriali) che condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, nonché forme organizzative multiprofessionali (unità complesse di cure primarie) che erogano prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l’integrazione dei professionisti delle cure primarie e del sociale a rilevanza sanitaria;
b-ter) prevedere che per le forme organizzative multiprofessionali le aziende sanitarie possano adottare forme di finanziamento a budget;
b-quater) definire i compiti, le funzioni ed i criteri di selezione del referente/coordinatore delle forme aggregative e organizzative previste alla lettera bbis);
b-quinquies) disciplinare le condizioni, i requisiti e le modalità con cui le Regioni possono provvedere alla dotazione strutturale, strumentale e di servizi delle forme aggregative e organizzative di cui alla lettera b-bis) sulla base di accordi regionali e/o aziendali;
b-sexies) prevedere le modalità attraverso le quali le aziende sanitarie locali, sulla base della programmazione regionale e nell’ambito degli indirizzi nazionali, individuano gli obiettivi e concordano i programmi di attività delle forme aggregative di cui alla lettera b-bis) e definiscono i conseguenti livelli di spesa programmati, in coerenza con gli obiettivi e i programmi di attività del distretto, anche avvalendosi di quanto previsto nella lettera b-ter);
b-septies) prevedere che le convenzioni nazionali definiscano standard relativi all’erogazione delle prestazioni assistenziali, all’accessibilità ed alla continuità delle cure, demandando agli accordi integrativi regionali la definizione di indicatori e di percorsi applicativi; […].

Comma 2: Le Regioni provvedono all’attuazione di quanto disposto dall’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal comma 1 del presente articolo, nei limiti delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente. Le Regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali dotati di strumentazione di base, aperti al pubblico per tutto l’arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione, che operano in coordinamento e in collegamento telematico con le strutture ospedaliere, nonché prevedendo, sulla base della convenzione nazionale, la possibilità della presenza di personale esercente altre professioni sanitarie già dipendente presso le medesime strutture, in posizione di comando ove il soggetto pubblico incaricato dell’assistenza territoriale sia diverso dalla struttura ospedaliera. Le Regioni disciplinano altresì le forme di coinvolgimento delle organizzazioni sindacali interessate […]».
Secondo Preiti, coordinatore della Fp Cgil Medicina convenzionata, «Nel Decreto non c’è nulla che possa favorire la realizzazione di questi centri. Anzi si torna perfino indietro rispetto alla convenzione nazionale, relativamente all’adesione dei medici alle aggregazioni monoprofessionali e multiprofessionali. Non c’è un euro di investimento per implementare questo progetto e i tempi sono rinviati al rinnovo delle convenzioni, bloccate per ora fino al 2015, e a futuri accordi regionali. Con buona pace anche per la decretazione d’urgenza». E ancora, «Non c’è nulla che modifichi ruoli e funzioni dei medici convenzionati, anzi si continua a parlare di integrazione della guardia medica come se fosse una specialità a se stante, mentre chi offre quel servizio è a tutti gli effetti un medico di medicina generale. Neanche il problema del 118 viene affrontato, tenendo in piedi il doppio binario dei medici convenzionati e di quelli dipendenti. Manca poi la ristrutturazione del compenso dei medici, che dovrebbe essere presupposto per consentire la diversa attività e organizzazione professionale dei servizi».1
Giudizi negativi arrivano anche dal Comitato Salute delle Regioni che qualora dovesse passare l’intero testo di legge, dovranno garantire al territorio nuove strutture ambulatoriali e una più adeguata organizzazione. I Centri di assistenza medica formati da 15-20 medici oltre al necessario personale operativo dovranno sopperire a pesanti problemi di organizzazione e costi del servizio. I rappresentanti delle Regioni, hanno quindi sollecitato il ministro Balduzzi a chiarimenti e spiegazioni in merito al riordino dell’assistenza territoriale e ai principi fondamentali della dirigenza medica e del governo clinico. Discorso ancora aperto rimane quello dei meccanismi di remunerazione dei medici di base: c’è il rischio che con stringenti tetti di spesa per paziente si creano discriminazioni di assistenza per i pazienti.2
Secondo lo SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani) la creazione di poliambulatori con la presenza di circa 15-20 medici per 24 h compresi i festivi dovrà tener conto nella logistica di un flusso di almeno 800 persone al giorno e parcheggi per 300 autovetture. Si comprende come questo comporti uno spostamento in periferia e la scomparsa del punto di riferimento “zonale”.
“Auspicio”: creazione di strutture sempre a disposizione del cittadino che erogano, dopo il triage, radiografie, ecografie, cardiogrammi e visite specialistiche senza le attese dei pronto soccorso ospedalieri.
Penso che una riforma in questo senso appaghi sia i medici, che possono dare risposte e cure immediate, sia i pazienti che possono avere prestazioni adeguate al loro problema relazionandosi con il loro medico di fiducia.
“Realtà”: non ci sono fondi a copertura di questa parte del decreto e i tagli programmati per la Sanità arrivano al 2015. Le Regioni in documenti ufficiali denunciano la carenza attuale di fondi con peggioramento dell’assistenza nel 2013. I cittadini insorgono quando si ipotizza la chiusura di un servizio, come ad es. un centro prelievi, localizzato nel loro territorio; immaginiamo come accoglierebbero la notizia di un decentramento del proprio medico di famiglia.

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