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EDITORIALE: differenza fra voto amministrativo e politico

Caro Diario,

è inutile che tu me lo ricordi: conosco anch’io la differenza fra voto amministrativo e politico e so che il risultato di centodieci Comuni su settemilanovecentonovantotto (nello scorso anno ne sono state soppressi ben settantacinque) in servizio permanente non sono che una parola o, per meglio dire, un chicco di frumentone gettato nel polveroso pollaio dove l’unica certezza è rimasta il chiasso che mai non scema, nemmeno davanti ai problemi più seri e (teoricamente) urgenti.

Inoltre non dimentico nemmeno che la possibilità di votare una volta per uno e una volta per un altro è, oltre a caratteristica et condizione della democrazia (per nostra fortuna), anche una delle fondamentali libertà politiche dei cittadini i quali sovente si trovano in condizione di non saper più dove andare a sbattere la testa: e diventano, qualcuno senza forse neanche saperlo, galileiani: provando e riprovando.

 

Da ultimo, lo so, saranno in breve disponibili analisi e considerazioni che porteranno un po’ di opportuna chiarezza a quei pochi che si ostinano a cercare di ragionare con la loro testa, dimostrando come tutti avendo in qualche modo vinto, chi più e chi meno (non stiamo a perderci a contare solo i voti), e nessuno avendo di conseguenza perduto (vocabolo asfittico ignoto al politico-tipo) un minimo di ripensamento strategico sulla necessità di concentrare gli sforzi sulle (tante) cose non mai fatte e da fare anziché sulla rissa personale o di bottega non sia per nulla necessario.

Fino alla prossima volta, che peraltro è dietro l’angolo.

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