HomeDialogandoNewsletterApocrifaAPOCRIFA: La Costituzione rivisitata

APOCRIFA: La Costituzione rivisitata

La revisione costituzionale ha qualche corrispondenza con quei corsi d’acqua che appaiono e scompaiono e sembrano all’osservazione non scientifica comportarsi in tale modo senza un comprensibile motivo.

Essa conosce e attraversa, quindi, periodi di attenzione e di attiva oltre che accesa discussione sia fra esperti sia meno esperti e periodi di quiescenza, anche repentini, caratterizzati dal fatto di essere dimenticata da tutti, paladini et avversari.

Destino, questo, in verità comune (e non è detto sia un male, anzi) a tutte le cose umane, in particolare per quelle politiche (e questo invece è un male) cui si addice piuttosto la sindrome della gazza onde l’attenzione è richiamata dal mero luccicare dell’oggetto indipendentemente dal suo intrinseco valore o disvalore.

Allo stato, dunque, la revisione costituzionale è uscita dagli schermi di politici e pubblica opinione anche in virtù delle risultanze delle ultime elezioni, pur lasciando sul campo detriti di cui non si sentiva bisogno come, tanto per dirne una, la riforma (ahi, ansia riformatrice ove gli essenziali rimangono però sempre i medesimi) indirizzata all’abolizione delle province le quali sono, viceversa, rimaste sebbene con qualche problema in più.

Un’altra incompiuta e probabilmente neanche l’ultima.

Nondimeno qualcosa si muove ugualmente anche se al di fuori dell’articolo 138 della Costituzione che accuratamente ne disciplina, come opportuno, le giuste (e rigide) modalità attuative.

Il Governo, continuando peraltro -e senza veruna discontinuità- nella direzione già abbondantemente presa dai precedenti sull’ali dorate dei presupposti e dei requisiti e delle necessità della comunicazione e dell’immagine, agisce (o dà l’impressione di farlo) preferibilmente per il tramite di social e di massive presenze nei vari spazi televisivi così confermando modalità agili oltre che à la page.

Inutile rivolgersi a fonti maggiormente ufficiali.

Una delle prime conseguenze di questi torrenti di parole (è sempre più agevole parlare che scrivere) è la possibilità che non sempre essi risultino coordinati con quelli, paralleli, di altri colleghi e, talvolta, nemmeno con se stessi (visto il rapido cambiare di opinione da parte dei soggetti parlanti attribuibile in parte a un ciclico continuo insonne processo di miglioramento –re melius perpensa– e in parte, verosimilmente, alla confidenza che gli stessi benefici delle esternazioni, coinvolti nel gorgo anche loro malgrado, non se ne accorgano o si confondano a loro volta), ma questo non sembra essere giudicato un rischio sibbène un’opportunità da saper cogliere al volo.

Anche le abilità e le competenze si adeguano alla richiesta del mercato sociale e politico.

Rimane poi comunque e sempre, a tenere la barra, il Presidente del Consiglio dei ministri che dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene (egli) l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri secondo il dettato dell’articolo 95 (della Costituzione).

Chi sa poi perché mediaticamente lo dovranno denominare premier, ma la stessa domanda potrebbe darsi per i governatori regionali che il cui titolo è, del pari, istituzionalmente inesistente, ma inventato dalla comunicazione.

 

LPD

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