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I toni e i contenuti sono, al solito, fuori dalle righe e sintomo di un modo di intendere le cose, gli atti e la realtà che dovrebbe poter a sua volta evolversi almeno così come si evolvono i processi naturali anziché rimanere fermo alla consueta rissa verbale. Che la perdita di Ema sia una delusione cocente sia per il Paese sia per la Milano candidata è del tutto comprensibile, in particolare dopo un lavoro istruttorio realizzato, come sembra, in modalità una volta tanto coordinate e condivise al di sopra dei colori dei partecipanti all’impresa. Ma che si debba arrivare a una rincorsa

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Quando si registrano fatti di cronaca drammatici che, in particolare, hanno per vittime i giovani regolarmente, fra colpevolisti e innocentisti, emerge polemica intorno al perimetro dello ‘andarsi a cercare’ -direttamente o indirettamente- l’evento dannoso. A prescindere dalle modalità comunicative, non di rado sopra le righe e quindi poco efficaci, per il tramite delle quali le diverse considerazioni sono presentate sembra nella sostanza esserci poca attenzione per una visione che non sia solo ideologica di una tematica, viceversa, complessa. Perché necessariamente comprensiva di condizioni svariate. Da una parte c’è lo scenario del collettivo e dall’altra lo scenario dell’individuale, mentre nel mezzo si trova l’incontro

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In Lombardia un referendum ‘consultivo’ per una domanda a senso unico senza neanche il paletto di un quorum che, visto con il senno del poi, se ci fosse stato si sarebbe risolto in un bel guaio, costato circa 53 milioni di euro compreso il non eccitante esordio delle (prime) votazioni elettroniche.   Per poi andare, come era in ogni modo già possibile anche senza referendum, allo stesso tavolo con il governo aperto dalla Emilia-Romagna senza spendere una lira (a proposito di allocazione di risorse basti pensare, per esempio, alle criticità del TPL regionale) in prospettiva del quale la freddezza dei voti (in

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Ciclicamente, anche se con cadenze tanto ravvicinate da non salvare nemmeno la decenza civica, l’informazione dà (rectius: ripete) la notizia che la Classe Superiore, come sgradevolmente invero la denominava August Strindberg mettendola a fronte di quella Inferiore, devia dai comportamenti etici che maggiormente le dovrebbero competere in virtù, quantomeno, del censo di cui -almeno di norma- dispone.   Il furto è furto e l’inganno è inganno, ma passa qualche differenza morale fra colui che agisce male trovandosi in stato di bisogno e colui che, lungi dallo stato di bisogno, tende a far collezione di benefici economici e non: professori, medici, imprenditori, professionisti

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La politica all’assalto della scienza, a proposito delle polemiche sui vaccini, comunica al cittadino - che preferisca pensare con la propria testa al di fuori di schemi ideologici artefatti - di essere giunta al raschiamento del barile pur di raggranellare voti nel tentativo di smarcarsi e di acquisire in qualsivoglia modo un po’ di visibilità. I contra si danno pure il cambio: prima gli uni e ora, ripiegati in imbarazzato silenzio i precedenti alfieri che con il tema non hanno raggiunto la sperata fortuna e l’hanno quindi abbandonato, sotto gli altri. La coerenza non è mai considerata una dote, ma -

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I semplici assistono, per quanto loro riesce dato che la comunicazione è quella che è, alle vicende della Curia vaticana con le perplessità verosimilmente derivanti da un errore in cui si incappa naturaliter: ritenere che i rapporti fra sacerdoti siano privilegiati rispetto a quelli dei laici comuni ove più facilmente, a differenza dei primi, avrebbe modo di attecchire la gramigna della terra. Forse non sempre è così neanche nell’unica istituzione ancora esistente il cui monarca riferisce solo e direttamente all’Altissimo e non certo nel modo strumentale in cui, nella storia, i potenti sul trono facevano -o cercavano di fare- derivare ad

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Sembra, da attendibili notizie di stampa, che all’istanza della famiglia della quindicenne scomparsa trentaquattro anni or sono, della quale non si ha più avuto notizia alcuna, di poter accedere ad un fascicolo riservato che dovrebbe trovarsi in Vaticano sia pervenuto in risposta a stretto giro di posta dal Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato un laconico “Per noi il caso è chiuso”. Ora, a parte il merito che è -e rimane- ignoto ed è competenza degli avvocati della famiglia, una siffatta risposta è da aspettarsela da parte di qualcuno di quei molteplici garbati potenti di turno che imperversano,

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Caro Diario, è inutile che tu me lo ricordi: conosco anch’io la differenza fra voto amministrativo e politico e so che il risultato di centodieci Comuni su settemilanovecentonovantotto (nello scorso anno ne sono state soppressi ben settantacinque) in servizio permanente non sono che una parola o, per meglio dire, un chicco di frumentone gettato nel polveroso pollaio dove l’unica certezza è rimasta il chiasso che mai non scema, nemmeno davanti ai problemi più seri e (teoricamente) urgenti. Inoltre non dimentico nemmeno che la possibilità di votare una volta per uno e una volta per un altro è, oltre a caratteristica et condizione

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