Prof. Vincenzo Franchini

Nato a Milano nel 1949, seguii gli studi universitari nella mia città natale, laureandomi nel 1974 a pieni voti.

Per gli studi specialistici in Urologia mi iscrissi a Pavia, ricevendone un imprinting che caratterizza tuttora il mio modo di vedere la Chirurgia. Il cattedratico, Savino Fantoni, usava dire: “l’uomo è un animale chirurgico” e su ciò basava la sua pignola richiesta di conoscenza dell’Anatomia Chirurgica, normale e patologica. Il chirurgo lento, per lui, è semplicemente un uomo che non conosce il territorio che sta esplorando, tituba di fronte ad ogni minimo ostacolo che il cammino gli interpone e sottopone il paziente a stress chirurgico inaccettabile, che si riflette nel processo di guarigione, chirurgica e psichica. Abbracciai questa filosofia totalmente.

Fin dalla iscrizione all’Ordine, iniziai l’attività libero professionale, convinto che non possa esistere un reale rapporto medico-paziente al di fuori di una scelta consapevole da parte del secondo e che il solo rapporto di lavoro dipendente sia fuorviante per la professione medica. Nei 36 anni di libera professione ho svolto l’attività di consulente presso prestigiose strutture private a Milano e fuori ed attualmente sono l’urologo di riferimento della Casa di Cura San Camillo e di numerosi Colleghi, operanti in altre strutture sanitarie private in Milano, che mi onorano della loro fiducia.La carriera ospedaliera mi vede nel 1975 a Treviglio-Caravaggio, dal 1978 nella Divisione di Urologia dell’Ospedale di Monza, divenuta, poi, nel 1983, Clinica Urologica II dell’Università di Milano. Nel 1996 diressi l’Unità Operativa di Urologia dello I.E.O. di Milano e dal 1997 sono direttore della U.O. di Urologia della Casa di Cura San Pio X, Fondazione Opera San Camillo, in Milano. Per due anni ho ricoperto il ruolo di professore a contratto della Scuola di Specializzazione in Urologia a Milano.

Fin dal 1976 riconobbi le potenzialità offerte dalla chirurgia transuretrale, che studiai e sviluppai a fondo, arrivando ad accumulare, ad oggi, più di 6000 interventi di resezione transuretrale di prostata o vescica.

Negli anni ’80 condussi, sul cadavere, approfonditi studi di anatomia vascolare del plesso periprostatico e vescicale e, in vivo, di anatomia endoscopica ultrasonica dell’uretere, che mi hanno permesso di variare e migliorare metodiche e tempi chirurgici.

Tra il 1990 e il 1991 mi recai a più riprese negli Stati Uniti, alla Washington University di Saint Louis, per toccare con mano ed apprendere la nuova metodica della Laparoscopia Operativa in campo urologico, che mi portò ad eseguire, tra altri interventi più semplici, circa 200 linfoadenectomie pelviche di stadiazione. Praticandola, individuai quelli che a mio parere sono alcuni punti deboli della laparoscopia e mi dedicai anima e corpo a quella che in seguito venne chiamata Chirurgia Mininvasiva, ovvero l’accesso chirurgico con incisioni di minima e tassativamente per sola via fasciale, con salvaguardia obbligata dei fasci muscolari. Nel concetto di mininvasività deve comprendersi anche una profonda standardizzazione di procedure e tempi chirurgici, che porti a drastiche riduzioni della durata sia dell’intervento chirurgico che della degenza che della guarigione chirurgica che della restitutio del paziente alla vita sociale e familiare. In questo senso sono fiero di alcune mie statistiche, che vedono, estraendone solo tre esempi significativi, la prostatectomia radicale con linfoadenectomia completata nell’arco di 50 minuti, la nefrectomia allargata condotta in 30-40 minuti, la cistectomia totale con neovescica ileale conclusa in poco più di due ore. Nella prima, il catetere vescicale viene allontanato in IV-V giornata, nella seconda il paziente è dimissibile in III^.

Da quindici anni adotto il recupero intraoperatorio del sangue del malato, con reinfusione dello stesso al termine dell’intervento: ciò mi ha permesso di abbattere del 95% le richieste trasfusionali di sangue e plasma eterologhi. Il paziente ha sempre l’opzione del predeposito e della emodiluizione preoperatoria, ma sono molto pochi quelli che optano per queste scelte.

Da qualche tempo sto sostituendo l’intervento di Resezione Transuretrale della Prostata con l’Ablazione transuretrale con laser ad Olmio, che, unico tra i vari metodi che ogni tanto compaiono e si propongono come alternativa alla TURP, presenta i seguenti vantaggi:

  • vera enucleazione del fibroadenoma, come in un intervento aperto.
  • sanguinamento quasi nullo.
  • nessuna necessità del paziente di sospendere o variare terapie anticoagulanti in atto.
  • dimissione nelle 24-48 ore successive, senza catetere.

Seguo molto da vicino i progressi della chirurgia robotica, che non ho per ora deciso di abbracciare, perché, al momento, non esiste una risposta oggettiva ed esauriente alla domanda fondamentale: “a che serve realmente?” e perché presenta tempi chirurgici smisuratamente maggiori rispetto alla chirurgica mininvasiva e costi strumentali altissimi. Per ora sto alla finestra.

Appassionato anche di Organizzazione in Sanità, per tre anni ho ricoperto, a latere, il ruolo di Vicedirettore Sanitario in San Pio X, contribuendo al miglioramento di protocolli e procedure, soprattutto nel campo del Risk Management. Attualmente ricopro anche il ruolo di Direttore del Dipartimento di Chirurgia, nella medesima struttura.

Trascorro i miei momenti liberi in famiglia e con gli amici, tra i miei libri, soprattutto di Storia, i telescopi, la barca a vela e le moto d’epoca.