HomeDialogandoContributiL’INTERVENTO – L’ingegnere in blu

L’INTERVENTO – L’ingegnere in blu

Caro Direttore,
vediamo se riesco a regalare un sorriso ai tuoi lettori.

L’ispirazione mi è venuta leggendo L’ingegnere in blu di Alberto Arbasino che mi ha ricordato il mio passato in Mondadori in occasione dell’annuale assegnazione del Campiello.

Premio letterario fondato e presieduto per vent’anni dal Cavaliere del Lavoro Mario Valeri Manera, imponente imprenditore e vicepresidente di Confindustria oltre che affascinante accompagnatore di nobildonne e attrici.

Il suo tratto gentile e il suo baciamano erano inimitabili.

Amico di Arnoldo Mondadori e del figlio Giorgio, il cui stabilimento di Verona e le imprese collegate occupavano migliaia di persone.
Un must per l’economia veneta.

Valeri Manera (manèra in veneto significa scure, mannaia), nato all’ovest (Genova) e trapiantato all’est (Treviso e Venezia), era un ormone alto quasi due metri con palazzo di famiglia sul Canal Grande di fronte alla punta della Dogana dove sono transitati capi di stato di mezzo mondo.

Era amato, venerato e invidiato dai più, mentre i più puntigliosi lo evocavano con un riverente (quasi) ossimoro: Banal Grande. Per taluni il detto metteva l’accento sul fatto che potesse egli apparire dimesso e non più di tanto coinvolto nelle cose mentre per altri andava a sottolineare come l’altezza fisica finisse a confliggere con le idee.

E qui torno al libro del talentoso vogherese, L’ingegnere in blu appunto, opera dedicata a colui che Arbasino considerava – nonostante la quarantennale differenza di età -, un maestro di vita e di stile, Carlo Emilio Gadda.

L’autore de L’Adalgisa era un uomo complicato, un miscuglio di debolezze e di virtù.

Alla pagina 85 de L’ingegnere in blu, troviamo una raffica di nomignoli che giravano sulle bocche degli scrittori più pettegoli e maligni seduti ai tavolini romani di Via Veneto o del fiorentino Giubbe Rosse.

Alcuni soprannomi sono ingiuriosi, altri perfidi, ma nell’insieme divertenti: mostrano un po’, sebbene sul medesimo registro fescennino, l’altra faccia della luna della letteratura…

Impossibile per chi non era del giro (e comunque a noi poco importa) attribuirli ai rispettivi singoli destinatari, ma la fantasiosa parata sollecita quantomeno un divertito sorriso in questa nostra attuale contingenza non troppo allegra.

Li ricopio tali e quali di seguito: l’Aquila a Due Tette, il Grullo del Focolare, l’Amaro Gambaritta, il Dandy Cariato, Panzoncello Scherzoso o Pancia Competente, la Grande Falciatrice, l’Antico Tastamento, l’Incantatore di Sergenti, le Due Brandine, il Letto a Due Pazze, il Trio Leccàno, il Latrin Lover, il Brutto Addormentato nel Basco…

Enrico Bortolin

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